Letta elogia la Meloni ed il Pd esplode

Dalle 15 di martedì è partita l’ormai abituale analisi post-sconfitta-elettorale del Pd. La batosta presa tra Lazio e Lombardia è arrivata fino agli uffici del Nazareno dove però, con una manovra degna dei migliori venditori del mondo, Enrico Letta è riuscito a trasformare una sonora sconfitta in una grande vittoria al grido di: «Siamo la prima forza di opposizione. La scalata ai del di M5S e Terzo Polo non è riuscita». Insomma, chi si accontenta gode è il nuovo slogan degli eredi del comunismo per cui non era evidentemente più importante battere il centrodestra ma non farsi scavalcare dai rivali interni e presunti alleati.

Le analisi comunque non sono mancate. Bonaccini e Schelin, amici nemici alla vigilia della guerra per il posto da nuovo segretario, hanno ribadito un concetto comune: «Il Partito è da rifare da zero». La situazione quindi è complessa e confusa. Ci consentano però un consiglio.

Tra le fondamenta del prossimo-nuovo Pd chiunque sia il segretario sarebbe buona cosa investire tempo e risorse sulla coerenza.

Basti pensare all’ultima trovata del loro predecessore, cioè Enrico Letta, chiamato dalla Francia per risollevare il Partito e che a Parigi tornerà con il poco raccomandabile curriculum delle due forse più pesanti sconfitte elettorali della storia della sinistra, regionali 2023 e politiche 2022. Letta, in un’intervista al New York Times parlando di Giorgia Meloni ha spiegato che: «Non è fascista», «è meglio di quanto ci aspettassimo», «è una persona ed un politico capace».

Insomma, in pochi mesi l’opinione e le convinzioni del capo della sinistra italiana si sono ribaltate di 360°: Dopo aver passato l’estate pre-voto a raccontarci che la Meloni era fascista, che con lei al governo sarebbe stato un disastro sul piano sociale, politico nazionale ed internazionale oltre che economico oggi Letta passa dagli attacchi violenti agli apprezzamenti, ai complimenti.

Inutile dire che in realtà crediamo che da sempre Letta apprezzi davvero la Giorgia Meloni politica e che gli attacchi erano legati alla campagna elettorale, ma c’è un limite in un senso e nell’altro.

In un attimo la bomba è scoppiata all’interno del Nazareno, con la parte più a sinistra che si è stupita di tante care parole. Ed anche su questo si deciderà la battaglia verso la segreteria.

Quale sarà la linea del Nuovo Pd? Quale sarà l’atteggiamento verso il governo di destra? Una domanda che va ad aggiungersi a quella ancor più delicata: il Nuovo Pd deve allearsi o no con il Movimento 5 Stelle?

Risposte che lasciamo a chi vincerà, ma senza coerenza è difficile diventare credibili agli occhi degli elettori. Ed è per questo che su 8 milioni di aventi diritto al voto in Lombardia solo 630 mila hanno messo la croce sul simbolo del Pd: l’8% del corpo elettorale

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