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Leopolda 2015: com'era, com'è diventata

Con qualche settimana di ritardo rispetto alle edizioni passate, torna la kermesse che ha cambiato, piaccia o no, volti e linguaggio della politica italiana. Da venerdì a domenica, presso gli enormi locali della vecchia stazione fiorentina, è infatti di nuovo tempo diLeopolda. Titolo: “La terra degli uomini”, come un libro dell'autore del “Piccolo principe”, Antoine de Saint-Exupéry. 

Come nasce
Un formula ormai collaudatissima curata, quest'anno, dalla maestra di format televisivi Simona Ercolani, ideatrice di “Sfide” ma anche di “La pupa e il secchione”, nata da un'intuizione di Matteo Renzi e Pippo Civati che, come raccontano Romana Ranucci e Dario Borriello nel libro Leopolda (Albeggi Edizioni), ne parlarono al telefono all'indomani di un'intervista dell'allora sindaco di Firenze. Un'intervista in cui Renzi – che oggi guida un governo con il centrodestra di Alfano - sparava a zero contro l'allora classe dirigente del Pd chiedendone la “rottamazione senza incentivi” e tuonava contro il segretario Bersani che voleva risuscitare un “nuovo Ulivo” con dentro partiti di centro-sinistra e alleato con forze di altri schieramenti contrari al Cavaliere.

Le edizioni passate
Per celebrare l'epopea di quello che sarebbe seguito a quella famosa intervista, il giorno d'apertura sarà proiettato una sorta di amarcord delle scorse edizioni. Si rivedranno così Matteo Renzi e Pippo Civati scambiarsi un microfono anni Cinquanta sul palco corsaro del 2010, quello della panchina, del logo “Prossima fermata: Italia” e nessuna bandiera del Pd.

Seguiranno le immagini del “Big Bang” del 2011, senza Civati ma con Matteo Richetti e Davide Faraone. Scenografia casalinga (tavolo e divano) e soprattutto 100 proposte da cui sarebbero scaturite alcune delle principali riforme del governo Renzi, da quella del Senato, al jobs act, alla Rai, scuola, giustizia, fisco ecc.

Fino all'edizione 2012, intitolata “Viva l'Italia Viva!”, sottotitolo “Il meglio deve ancora venire”, che precedette la famosa “non vittoria” del Pd di Bersani nel febbraio del 2013.

L'anno, il 2013, dei famosi 100 tavoli, quello in cui a prendere in mano il timone di quell'edizione, dal titolo “Diamo un nome al futuro”, sarà una giovane avvocatessa, fino ad allora semplice volontaria: Maria Elena Boschi. Ma anche di quel “CambiaVerso” che piacque tanto anche a chi, nel Pd, fino a quel momento era rimasto freddo, se non ostile, verso quel gruppo di rottamatori che indossavano magliette con su stampato un dinosauro e la scritta “non si sono estinti da soli” e che nel giro di pochi anni erano riusciti a trasformare una reunion di dissidenti in un fenomeno di massa.

Un anno, il 2013, che segna una sorta di spartiacque tra il prima e il dopo. Nel 2014, infatti, per l'edizione intitolata "Il futuro è solo l'inizio", gli ex rottamatori si ritrovano ornai al governo e l'aria sarà diversa anche nella vecchia stazione fiorentina “dove – raccontano Ranucci e Borriello - si mischiavano i renziani della prima ora, quelli che la Leopolda l'avevano vista nascere e crescere, con i renziani dell'ultima ora, che erano saliti sul carro del vincitore dopo i successi elettorali del segretario-premier Matteo Renzi”.

Dalle Leopolde "di lotta" a quelle "di governo"
Durante quei giorni non mancheranno infatti tensioni e frizioni. Molti partecipanti restarono infatti delusi di essere passati in secondo piano rispetto a ministri e big politici. “E' difficile fare il confronto con le altre edizioni: la quinta è diversa e basta – tagliano corto Ranucci e Borriello – piaccia o non piaccia, non poteva essere altrimenti”. Ecco perché quest'anno, forse proprio per scongiurare una rivolta della base, dei renziani della prima ora, gli organizzatori hanno optato per una sorta di ritorno alle origini. Almeno per quanto riguarda palco e scaletta.

Ritorno alle origini con vip e cittadini comuni
Via i tavoli tematici, insomma. Ci saranno di nuovo gli interventi dal palco e i 5 minuti standard a testa per chiunque. I vip non mancheranno. A parte i super big come il neo amministratore delegato della Rai Antonio Campo Dall'Orto, saranno presenti l'astronauta Samantha Cristoforetti, le tenniste Roberta Vinci e Flavia Pennetta, la nuotatrice Federica Pellegirni, Fabiola Gianotti e Filippo Grandi che dal 2016 dirigeranno rispettivamente il Cern di Ginevra e l'Alto commissariato Onu per i rifugiati. Ma sarà dato spazio anche ai comuni cittadini. Quelli ai quali le politiche del governo Renzi hanno, in qualche modo, cambiato la vita: dal precario assunto con il Jobs Act, all'insegnante che ha ottenuto la cattedra con la “buona scuola”, al 18enne che dirà come intende spendere i 500 euro che la legge di stabilità gli ha assegnato alla giovane coppia beneficiata dal bonus bebè e così via in una sorta di rassegna dei sogni nati alla Leopolda e realizzati a Roma.

Il messaggio di Renzi
L'obbiettivo di Matteo Renzi quest'anno è far vedere quello che la “generazione Leopolda che ha scardinato e rivoluzionato il sistema politico” è riuscita a combinare. Se l'anno scorso si arrivava alla kermesse dopo la storica vittoria elettorale del 41% alle elezioni europee, quest'anno i battenti aprono alla vigilia di una campagna elettorale che per il Partito democratico si presenta tutta in salita. Così se alle passate edizioni il mantra della svolta che attende l'Italia riguardava prima il ricambio generazionale, poi la sfida del futuro, poi la ripresa economica, adesso si punta al voto di giugno e al referendum costituzionale che si terrà il prossimo autunno.

La contro-Leopolda della minoranza dem
Senza sottovalutare né gli avversari esterni (quel Beppe Grillo di cui sarà proiettata la profezia errata sul flop dell'Expo) né quelli interni. I quali, come ormai è tradizione da sei anni a questa parte, anche stavolta hanno organizzato una contromanifestazione, con bandiere e logo del Pd in bella mostra. Sabato al Teatro Vittoria di Roma sono infatti attesi i leader della minoranza dem, Bersani in testa, i sindaci simbolo Pisapia, Zedda e Marco Doria, e tutti coloro che vogliono ricostruire il centrosinistra. Un centrosinistra con più sinistra e meno centro e soprattutto senza Renzi.


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