Lavoro agile, il futuro dopo lo smart working

Secondo gli ultimi dati dell'Osservatorio smart working della School of Management del Politecnico di Milano, sono 6,58 milioni gli italiani che hanno lavorato da casa durante la pandemia. Di questi, almeno 5,35 milioni continueranno a farlo, almeno in parte, anche dopo. «Si tornerà in ufficio per quello che non funziona da remoto, per gli scambi importanti, le interazioni significative, per gli eventi. Per aggregarsi, ritrovarsi, certo non per leggere le mail o partecipare a una call». A confermarlo a Panorama è Maurizia Cecchet, capo delle risorse umane della business unit di Generali Asset & Wealth Management, una delle realtà più rilevanti nel panorama finanziario europeo. Ha circa 2 mila dipendenti sparsi in 15 Paesi, riunisce in un'unica entità le attività del gruppo nella gestione di investimenti e fondi, si estende al real estate, ai clienti istituzionali, al private banking di Banca Generali. Ha la responsabilità di un portafogli di quasi 540 miliardi di euro.

Cecchet, come si risponde alla pandemia in un'organizzazione così vasta e complessa?

Con un approccio olistico, che parte dal lavoro e va oltre. Guarda all'individuo in quanto singolo e come membro di una famiglia. Gli consente di essere comunque produttivo, altrettanto di staccare la spina e recuperare le energie perdute.

Tramite quali iniziative?

Per prima cosa concentrandosi sugli obiettivi assegnati a ciascun dipendente e su una misurazione intelligente dei risultati. Non sono più cruciali il presidio fisico della scrivania, il tempo trascorso al computer, piuttosto la capacità di portare a termine compiti sfidanti però raggiungibili.

Come si passa dai principi alla pratica?

Tramite un'intensa formazione dedicata i nostri manager, che favorisca il consolidamento di tale paradigma. A dire il vero eravamo avvantaggiati, operando a livello internazionale avevamo già responsabili basati a Parigi con pezzi di team in Germania, altri in Italia. La sfida, in parallelo, è tecnologica.

In che senso?

Occorre dotare tutti, incluso chi ogni giorno tratta investimenti e muove grandi capitali, di strumenti sicuri, efficaci, per operare da casa. Lo smart working è un concetto vasto, la digitalizzazione dei mestieri rappresenta tanto una sfida di strategia quanto d'innovazione. L'abbiamo applicata pure al progressivo rientro in sede del personale.

Come?

Tramite una app, sviluppata con i colleghi di Assicurazioni Generali Italia, che emette sullo schermo dello smartphone una sorta di biglietto d'ingresso, necessario per accede agli uffici. Attraverso un algoritmo monitora e governa i flussi, così non si creano intasamenti. All'interno, le scrivanie sono state distanziate. A tutti diamo guanti, gel disinfettanti, 50 mascherine al mese.

Iniziative collaterali per chi rimane a casa? Prima accennava a metodi per recuperare le energie.

Abbiamo corsi di pilates, yoga e circuiti vari per scaricare l'adrenalina e ricaricare la mente. Sono al mattino presto, in pausa pranzo, prima di cena. Non sono filmati registrati, ma lezioni interattive in diretta in streaming, con la possibilità di chattare con gli istruttori e chiedere loro chiarimenti su ogni singolo esercizio.

Qual è stato il riscontro?

Parlano i numeri: circa 200 colleghi collegati per ognuna delle sei sessioni quotidiane. Molto entusiasmo, lo stesso con cui sono state accolte le iniziative dedicate ai figli dei dipendenti.

Ce le racconti.

Abbiamo coinvolto un pedagogista che, tramite cartoni animati per bambini e film per adolescenti, ha consentito di affrontare tematiche delicate, amplificate dalla pandemia, quali la fragilità e la solitudine. Inoltre, abbiamo chiamato uno dei maggiori esperti italiani di memoria, Matteo Salvo, che ha spiegato ai ragazzi l'uso delle mappe mentali per apprendere meglio nella didattica a distanza. Il senso di benessere dei figli si riflette su quello dei genitori.

Maurizia Cecchet, capo delle risorse umane della business unit di Generali Asset & Wealth Management

Un dubbio legittimo è chiedersi perché un datore di lavoro arrivi a sconfinare in queste sfere personali.

Fa parte del concetto ampio della responsabilità di un'impresa, del suo essere cittadino, attore sociale nel contesto in cui opera. Lo Stato può fare tanto, non tutto. Una collaborazione con il privato è necessaria, benvenuta. È per questo che durante il picco dell'emergenza sanitaria abbiamo istituito un fondo nei vari Paesi in cui siamo presenti per comprare respiratori e dispositivi di sicurezza. Ci sembrava giusto, è doveroso guardare fuori dallo stretto perimetro aziendale. Abbiamo gli strumenti, la capacità e la volontà di farlo.

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