L’addio di Bartholomew all’Italia. Il carcere preventivo ai tempi di Tangentopoli e i Sette di Villa Taverna

E’ l’addio dell’ex ambasciatore americano Reginald Bartholomew all’Italia. Mi riferisco all’intervista pubblicata oggi su La Stampa a firma di Maurizio Molinari. Diffusione postuma di un dialogo, l’ultimo, tra il cronista italiano e l’uomo che guidò l’ambasciata di Via Veneto negli anni caldi di Tangentopoli.

L’ “ambasciatore eroico”, che fu estratto vivo dalle macerie in seguito all’attentato contro l’ambasciata americana a Beirut, ha scelto il giornalista del quotidiano torinese per consegnare l’ultima testimonianza della sua attività a Roma. “Non ho diari, ho solo la mia mente per ricordare”.

Il ricordo di Bartholomew riguarda gli anni di Mani Pulite, quando “un pool di magistrati di Milano – sono le parole dell’ex ambasciatore – nell’intento di combattere la corruzione politica dilagante era andato ben oltre, violando sistematicamente i diritti di difesa degli imputati in maniera inaccettabile in una democrazia come l’Italia, a cui ogni americano si sente legato”. Toccò a lui raddrizzare i rapporti tra gli Stati Uniti e l’alleato strategico nel Mediterraneo, allentando in particolare quel legame controverso tra il Consolato di Milano e il pool di Tangentopoli.

Tra le iniziative messe in campo da Bartholomew  si ricorda l’incontro organizzato a Villa Taverna tra il giudice della Corte Suprema Antonino Scalia e “sette importanti giudici italiani”, i cui nomi restano segreti. “Nessuno di loro obiettò – ricorda il diplomatico – quando Scalia disse che il comportamento di Mani Pulite con la detenzione preventiva violava i diritti basilari degli imputati” contrastando con “i principi cardine del diritto anglosassone”.

Le parole consegnate alla memoria collettiva poco tempo prima di esalare l’ultimo respiro colpiscono per la loro attualità. Oltre il 40 percento dei detenuti nelle galere italiane sono in carcerazione preventiva. Alcuni magistrati di quegli anni sono diventati capipartito e politici belligeranti.  In tanti, troppi casi il carcere senza condanna serve ancora a piegare l’imputato per estorcergli confessioni e accuse.

Che Bartholomew lo sapesse? Chissà. Uno dei Sette di Villa Taverna potrebbe rinunciare all’anonimato e aggiungere dettagli di quell’incontro, c’è da dubitare che lo farà. Sono passati vent’anni e alla lotta contro le mazzette si è unita la crociata antimafia dei magistrati samurai. Scalia dovrebbe tornare da queste parti. A giudicare dalla realtà la sua lezione di allora non bastò.

YOU MAY ALSO LIKE