"La stella che vuoi" di Angelo Mellone, la recensione

I Munachicchi, leggendari custodi dei tesori sotterrati, sono folletti dispettosi. Tre di loro - Gaspare, Melchiorre e Baldassarre - scorrazzano in una «terra di trulli e di antiche sapienze», dove incappano in Lallo e Luce, due ragazzini di otto anni d’età segnati da una vita complessa: Lallo ha quasi perso la vita, Luce ha quasi perso la fiducia.

È da tale incrocio di esistenze terrene e poi fantastiche che Angelo Mellone parte per il suo «La stella che vuoi» (Pellegrini editore, 224 pp., 14,99 euro), il secondo capitolo di una trilogia fantasy iniziata fra Taranto e Matera con «Incantesimo d'amore»  e che adesso continua nella Valle d'Itria, un luogo culturalmente sacro, dove il passato ravviva il fuoco del presente, la magia incontra la siderurgia e la tradizione europea precristiana scopre la contemporaneità delle ciminiere siderurgiche. E mentre «Incantesimo»  rimane uno sprone per i quarantenni a credere ancora (e sempre) alla magia dell'amore, «Stella»  è un monumento all’amicizia. Il risultato è una fiaba d’ingegno e di passione, secellata con rara intensità.
Come si addice alle fiabe (in questo caso per adulti, oltre che per bambini), ne «La Stella che vuoi»  i personaggi sono tutti molto connotati, si distingue chiaramente chi rappresenta il bene e chi il male, senza ombra alcuna.

La storia comincia nella notte fra il 31 ottobre e l’1 novembre 2016 quando Lallo e Luce si incontrano in classe. Lui soffre di una strana cecità dovuto a un maleficio legato al ritorno della guerra fra streghe bianche e streghe nere. Un conflitto esploso  mille anni prima, fra le grotte della Gravina di Massafra...»

Per aiutare Lallo, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, che girovagano tra ciminiere e tratturi, incrociano streghe, cerve sacre e druidi dalla barba bianca. E quando i malvagi vogliono uccidere i monachicchi, la sacra magia interviene a salvarli. Perché tutto è bene quel che finisce bene, anche se le pagine di Mellone sono una continua scoperta, non c’è mai nulla di banale: il fantasy italiano sembra aver scoperto il suo autore migliore.

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