L'ultimo pranzo di Grasso senatore

Mozzarella e prosciutto. È l'ultimo pranzo da non presidente (del Senato) dell'ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Sono quasi le tre del pomeriggio di sabato 16 marzo 2013 (lui verrà eletto quattro ore piùtardi) quando Grasso con un collaboratore va a mangiare qualcosa alla buvette del Senato. Finiti primi e secondi espressi, non restano che tramezzini e panini. L'unica se si vuol fare un simil-pranzo è mozzarella e prosciutto.

La non ancora  seconda carica dello Stato si sistema a un tavolo del buffet in piedi, forse anche per sfuggire ai cronisti delle agenzie, che forse non notandolo, stanno tampinando Andrea Olivero (Scelta civica di Monti) che sta mangiando qualcosa al bancone, per chiedergli come voteranno. Solo che Grasso si sistema a un tavolo dove sta mangiando (sempre mozzarella e prosciutto) un altro giornalista, il cronista di Panorama (chi scrive). Grasso al cronista: "Sono PIetro Grasso, piacere, posso?". Il cronista spiazzato: "Ma certo". E ammette con tono scherzoso."Guardi che però sono un giornalista anch'io...". Lui: "Io non ho nessun problema, parlo con tutti". Come dire: la trasparenza è il mio stile.

Si avvicina una senatrice: "Pietro, che bello! Quella nave dei ragazzi dell'antimafia".... A Grasso si illuminano gli occhi. Poi parla sottovoce dicose del tipo: "Bisognerà fare gli adempimenti...". Un ultimo sorso di acqua minerale e via verso l'aula. Ad altri cronisti promette: "Se sarò eletto, scenderò a parlarvi". I cronisti rimasti a bocca asciutta verso le 20: "Probabilmente non sapeva che il regolamento non glielo avrebbe permesso. O forse, chissà...". Èun fatto però che già alle 11 del mattino un gruppo di senatori Cinquestelle siciliani intercettati dai cronisti delle agenzie in uno dei cortili del Senato, in una pausa fumo, confessavano a mezza bocca che loro a Renato Schifani, se proprio costretti, avrebbero preferito Grasso. Narrano che urla, gridi e strepiti abbiano diviso i Cinquestelle al Senato: la maggioranza per il loro candidato di bandiera e i siciliani per Grasso. Alla fine più  di dieci di loro, stando almeno alle prime ricostruzioni, lo vota. "Benvenuti nella casta. Ora facciano un governo Pd-Monti-Cinquestelle che ci porti al voto", commenta secco e ironico alleotto di sera il leghista Roberto Calderoli.  

Sì, perché a conti fattisembra che siano tutti o quasi dei grillini i voti in più rispetto ai 117 della coalizione di centrodestra (Pdl e Lega) che ha votato compatta Schifani. Secondo il neosenatore-direttore Augusto Minzolini del Pdl, ex principe dei retroscenisti parlamentari, i voti grillini "sarebbero stati 18". Bruno Vespa: "Ah si?, a me ne risultano 14". E i  montiani? Verso le 18, il capogruppo uscente del Pdl Maurizio Gasparri denuncia l'attenzione a suo dire occhiuta di Mario  Monti sui suoi 19 senatori: "Vanno velocissimi verso l'urna con la scheda già piegata e Monti che li controlla...". Sembra che Pier Ferdinando Casini a Monti l'abbia mostrata platealmente aperta e cioè bianca come l'ancora presidente del Consiglio ha chiesto ai suoi. Ma "Pier" è un fuoriclasse. È dalla mattina che ne ltranstalantico di Palazzo Madama gira accompagnato a braccetto, in perfetto stile dc, con quel che resta dei suoi.

Dribbla i cronisti ridendo: "Non chiedetemi niente, sono morto, defunto, vado a parlare con gli amici del passato...". Bisogna anche saper perdere. E lui lo sa.

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