L'arresto di Fiorito e l'esultanza da Tangentopoli

Alla radio ho sentito risate e grida di esultanza. E subito mi è tornato alla mente il clima di 20 anni fa: Tangentopoli è tornata.

L’arresto di Franco Fiorito, l’ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio indagato per peculato, avvenuto questa mattina a Roma su ordine del giudice, è motivato con il pericolo di fuga e di inquinamento delle prove. Ma gioire per un arresto non è né civile, né giustificabile. Nemmeno nei confronti di un soggetto mostrato al pubblico ludibrio per presunte malversazioni. E questo clima dovrebbe fare riflettere anche sui rischi del populismo giudiziario, da troppo tempo alimentato da una parte dei mass media italiani.

Intanto l'avvocato Carlo Taormina, difensore di Fiorito, già annuncia un ricorso contro la decisione: «Lasciando perdere le espressioni sentite nell'opinione pubblica in questi giorni» dice «sul piano tecnico non si può parlare di peculato per una giurisprudenza ormai costante».

Secondo Taormina, infatti, i fondi pubblici distribuiti ai gruppi consiliari della Regione Lazio, dal momento stesso in cui entrano nella disponibilità dei gruppi stessi sono da considerarsi appartenenti a soggetti privati: quindi decade il peculato. E l’arresto pertanto sarebbe illegittimo: il reato di cui Fiorito viene accusato, insomma, non sarebbe il peculato (cioè l’appropriazione di beni pubblici), ma eventualmente l’appropriazione indebita: «Se ci si trova davanti a un reato» conferma l’avvocato «questo è quello di appropriazione indebita, dove l'arresto non è consentito».

Ma al di là della prossima disputa sulla qualificazione del reato, al di là della correttezza o meno di un arresto, quel che dovrebbe fare riflettere è il giubilo, il virtuale lancio di monetine che accompagna una custodia cautelare. Perché è indubbio che la politica italiana abbia dato negli ultimi anni il peggio di sé, ed è altrettanto indubbio che provochi indignazione il fenomeno dei fondi distratti, male utilizzati, incassati indebitamente. Ma, come ha già dimostrato ampiamente la controversa stagione giudiziaria di Mani Pulite negli anni Novanta, non è questa magistratura che può risolvere la situazione. Né può farlo un’opinione pubblica che invochi arresti e ghigliottine mediatiche. Soltanto la politica buona può riformare se stessa.

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