Ipo, la quotazione in Borsa tra giovani matricole e banchieri in grisaglia

“Blu… le mille bolle blu blu… le vedo intorno a me…”. Era il 1961 quando Mina lanciò sul palco di Sanremo quello che negli anni sarebbe diventato un vero tormentone. Cantava l’amore, d’accordo. E l’intonazione era spensierata, birichina al più. Nulla a che vedere con quella dei banchieri d’affari in grisaglia esperti, loro malgrado, di altre bolle. Quelle di Wall Street e dintorni, per intenderci.

Ma tant’è. C’è chi non esclude che quel ritornello possa tornare d’attualità. A breve. L’occasione per gli uccelli del malaugurio (o forse no?) per tornarne a parlarne è l’attesissima Ipo di Facebook, il social network per definizione, fondato 8 anni fa dall’eccentrico Mark Zuckerberg, valutata in 100 miliardi di dollari (niente male per chi non ha mai pubblicato il proprio bilancio) con 800 milioni di utenti in tutto il mondo che si connettono in oltre 70 lingue.

Ma parlavamo di Ipo. Cos’è? La parola altro non è che l’acronimo di Initial Public Offering, “offerta pubblica iniziale (ma in italiano suona malissimo). In soldoni: è l’offerta al pubblico dei titoli di una società che si quota in Borsa per la prima volta. In gergo: “matricola”.

Sono tre i modi per arrivarci. Primo: con l’alienazione di parte delle azioni possedute dagli azionisti storici (Offerta pubblica di vendita, Opv). Secondo: con la sottoscrizione di nuove azioni (Offerta pubblica di sottoscrizione, Ops). Terzo: combinando le due modalità (Offerta pubblica di vendita e sottoscrizione, Opvs).

La differenza non è di poco conto: in caso di Ops l’offerta comporta un aumento di capitale e una raccolta di denaro positiva per l’azienda. Con l’Opv a incassare quattrini sono solo gli azionisti in cambio della cessione di tutte o parte delle loro azioni.

E Facebook quale strada sceglierà? Per ora non è dato saperlo. Si sa solo che proprio i signori in grisaglia si stanno scapigliando nel tentativo di accaparrarsi l’affare. Le commissioni per accompagnare Zuckerberg & Co a Wall Street dovrebbero superare i 200 milioni di dollari.

In tempi di magra, magrissima, la guerra tra banche d’affari è alle porte. Persino con offerte al ribasso (e parecchio) sulle commissioni per i servizi offerti. E le bolle? Quelle sono cicliche. Anche se la bolla per antonomasia rimane quella verificatasi nei primissimi mesi del 2000 quando la stragrande maggioranza delle società Internet (le mitiche dot-com) arrivate a quotazioni folli persero in poco tempo anche l’80-90% del proprio valore.

Gettando sul lastrico centinaia se non migliaia di ragazzotti di buone speranze (e non solo). Ma Zuckerberg potrebbe pure farla franca, intendiamoci. E intanto scommette sul look “acchiappa-analisti”: niente più Adidas multicolor, ma seriosissime Brooks, e pure la cravatta scura pare abbia fatto capolino nel suo armadio. Che sia solo l’inizio?

GUARDA IL VIDEO DE “LE MILLE BOLLE BLU” (Mina, Sanremo 1961)

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