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Paul Krugman: io difendo Obama

È così in basso nei sondaggi che il suo partito gli ha detto di non farsi vedere in campagna elettorale. Al suo posto ci sarà Michelle. La First Lady gode di grande popolarità e i democratici intendono sfruttarla per vincere le elezioni di Medio Termine. Lui non farà tour in giro per l'America. Rimane a Washington, ben lontano dagli stati dove si vota. Per molti americani, Barack Obama è il peggior presidente nella recente storia degli Usa. Almeno così diceva un'inchiesta d'opinione di qualche settimana fa.

Krugman il Convertito
Invece, per Paul Krugman, è uno dei migliori. Il Premio Nobel per l'Economia, l'intellettuale liberal, il critico contro l'establishment, l'oppositore alle guerre di G.W.Bush si è convertito. Obama non gli piaceva. Ora tifa per lui. Come lui stesso racconta in un lungo articolo per la rivista Rolling Stone, l'uomo politico che nel 2008 non lo convinceva si è trasformato in un presidente che ha raggiunto risultati destinati a plasmare la società americana.

Un giudizio controcorrente il suo. Difficile ora trovare qualcuno negli Stati Uniti entusiasta, o anche solo contento, dell'operato di Obama. Paul Krugman, invece, invita a guardare oltre il contingente, oltre alle critiche fatte dalla destra e dalla sinistra,  e a proiettarsi nel futuro, quando gli storici faranno il loro mestiere e dovranno fare un bilancio dell'attuale presidenza. Secondo l'economista sono più le luci che le ombre. Nonostante tutto.

Per Paul Krugman, la tanto criticata  riforma sanitaria è stata una vera e propria rivoluzione. Destinata a durare. Nonostante il tentativo dei repubblicani di bloccarla, nonostante le difficoltà date dall'avvio incerto del sito governativo che raccoglieva le adesioni dei singoli cittadini, l'Affordable Care Act è già diventata una realtà nel sistema sociale di cui beneficieranno milioni e milioni di americani. Una strada da cui, dice Krugman non si tornerà indietro.

Gli obiettivi raggiunti
Anche l'intervento su Wall Street da parte dell'amministrazione Obama è stato più importante di quanto si possa vedere a una prima superficiale occhiata. È vero, ammette il Nobel per l'Economia, che non ci sono stati leggi draconiane o punitive contro i manager delle grandi banche d'affari responsabili della crisi del 2008, ma è anche vero che la riforma approvata nel 2010 comportano un certo grado di controllo su Wall Street. Non è un risultato da poco, dice Krugman.

Fondamentale, invece, l'intervento per salvare l'economia degli Usa. È vero che non è tornata ai livelli precrisi, ma se non ci fossero stati i provvedimenti di stimolo decisi dalla Casa Bianca, secondo Krugman, gli Usa non avrebbero risalito la china. Per dimostrarlo, l'economista fa un paragone con i dati della disoccupazione tra Europa e Stati Uniti. Quando Obama viene eletto, negli Usa la precentuale dei senza lavoro è drammatica, sale fino al 10% nel 2009, ma poi inizia a scendere. Ora è tornata ai livelli del 2008. È vero che molti hanno rinunciato a non cercare un'occupazione, ma è anche vero che il vento è girato. Tutto il contrario del Vecchio Continente.  Per Obama un altro risultato raggiunto.

Obama è poi il presidente che ha fatto di più per l'ambiente. Paul Krugman ne è sicuro. G.W.Bush non aveva fatto nulla, Bill Clinton poco. L'attuale inquilino della Casa Bianca invece ha scommesso sulle energie alternative e per quanto limititati, i risultati raggiunti sono comunque importanti. Il progresso compiuto dagli Usa nell'ulitizzo e la diffusione delle energie rinnovabili sono forse poco visibili, ma molto profondi.

Un giudizio controcorrente
Sulla sicurezza nazionale, Paul Krugman esprime il giudizio forse più neutro e meno convinto. Secondo lui, Obama si è comportato come hanno fatto i suoi predecessori; non è mai uscito dal solco. E come tutti gli altri (a parte forse Bush junior) ha avuto una priorità, nata dopo la drammatica esperienza del Vietnam: impiegare il meno possibile soldati a terra nelle guerre americane.

Con la sua presidenza Obama ha poi permesso di raggiungere alcuni cambiamenti storici nella società americana, prima tra tutti il matrimonio omosessuale e maggiori diritti per le donne. Non mi interessa cosa dicono i sondaggi e neppure quello che gli americani si aspettavano da lui e che poi non è arrivato. Mi interessa - scrive Paul Krugman - quali sono i risultati raggiunti. E sono molti.

Un giudizio molto diverso da quelli espressi da altri analisti su Obama. Ma si tratta di un giudizio sul quale riflettere con attenzione.


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