Imu, il regalo del governo alla Chiesa

Sull’esenzione dal pagamento dell’Imu per gli immobili della Chiesa, il governo non vuole proprio saperne di mollare. A nulla è servito infatti il richiamo dell’Unione europea che aveva intimato al ministro dell’economia Vittorio Grilli non solo di far pagare la tassa sugli immobili ai locali di proprietà del Vaticano che esercitassero attività economica, ma di recuperare anche tutti gli arretrati dell’Ici dal 2006 a oggi per un totale di circa 3,5 miliardi di euro. E a nulla sembrano essere servite anche le due bocciature arrivate dal Consiglio di Stato sul decreto che doveva stabilire i criteri con cui decidere quali locali avessero dovuto pagare e quali invece essere esentati. Una distinzione che ruotava intorno alla definizione stessa di immobile a uso commerciale, e che secondo il Consiglio di Stato era stata troppo restrittiva.

Un rilievo quest’ultimo, che nonostante fosse vincolante, non sembra essere stato tenuto minimamente in conto dal governo. E in Gazzetta ufficiale alla fine è arrivata una versione definitiva del tanto contestato decreto che, come detto, ricalca il modello delle due versioni precedenti già bocciate in fase preparatoria. In pratica, il governo stabilisce che se l’ente in questione, sia esso una scuola, un ospedale oppure una struttura alberghiera di ricezione, non fa utili, o non li distribuisce, o li destina alla solidarietà o li reinveste nelle sue attività culturali, sanitarie e alberghiere, non pagherà l’Imu. Criterio fondamentale affinché però ciò possa avvenire è che i servizi erogati dall’ente in questione siano forniti a titolo gratuito oppure ad un prezzo simbolico che, comunque, non arrivi a coprire interamente il costo effettivo del servizio e non sia superiore alla metà della media riscontrata sul mercato.

Puntualizzazioni che sembrerebbero sgombrare il campo da molti dubbi e che invece ne lasciano in sospeso altrettanti. Proprio perché, secondo quanto rilevato nelle due precedenti occasioni dal Consiglio di Stato, queste seppur puntuali specifiche non sarebbero sufficienti a fare chiarezza definitiva e lasciano irrisolti quelli che il massimo tribunale amministrativo definisce “profili di criticità”. E queste criticità sono legate in maniera particolare alla definizione utilizzata a livello europeo di attività commerciale che è tale quando offre beni e servizi in un qualsiasi mercato, sia esso dunque culturale, sanitario o turistico, indipendentemente dal fatto che poi faccia o meno utili.

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Piuttosto che abbracciare questa enunciazione che avrebbe certamente dato un taglio a qualsiasi tipo di polemica, il governo ha preferito una soluzione a dir poco generica, che permetterà di certo a molte strutture di proprietà della Chiesa di essere esentata dal pagamento dell’Imu. Una notizia questa che certamente non farà piacere ai milioni di italiani che si apprestano il prossimo 17 dicembre a versare il saldo definitivo di una delle tasse più odiate e allo stesso tempo dall’iter normativo più tormentato di questi ultimi anni. E comunque, le sorprese potrebbero non essere finite, nel caso partissero ricorsi contro l’ultima  versione di un decreto Imu, già ribattezzato “salva Chiesa”.

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