Storie di donne e lavoro

Sarò veramente contenta solo quando la cassiera che incontro ogni domenica al supermercato, avrà voglia di diventare direttore di quel supermercato”. Amministratore delegato di Una Hotel, Elena David è una di quelle donne che può dire di se stessa di avercela fatta ma quando si parla di imprenditoria al femminile non dimentica quanto ancora ci sia da fare.

Ospite con altre donne manager del convegno “Imprenditoria e startup femminile: valore comune per il Sistema Paese” organizzato da Luiss EnLabs per la chiusura della campagna Frecciarosa 2013 del Grupp Fs Italia sulla salute e la sicurezza delle donne, la David ricorda gli anni in cui era costretta a spendere oltre metà del suo stipendio (1 milione 400 mila lire) per pagare la baby sitter.

Un sacrificio che, come ammette Paola Corna Pellegrini, amministratore delegato di Allianz Global Assistance, non tutte possono permettersi.

Perché nonostante siano spesso più brave degli uomini, più abili a sperimentare nuove strade, a inventare soluzioni innovative, a fare squadra, alla fine sono sempre le donne a dover fare i conti con il senso di colpa per essere diventate madri e spesso a dover scegliere a cosa rinunciare tra lavoro e famiglia.

Eppure, come avverte un manager uomo, l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti, “rinunciare al contributo femminile e al potenziale che le donne possono esprimere, è un grande spreco per il nostro Paese”.

Proprio in questi giorni, infatti, l'Istat sta rivedendo al rialzo le stime della disoccupazione del nostro Paese che in 5 anni ha generato 1,2 milioni di posti di lavoro persi. Ma in controtendenza con questo dato, c'è quello sul numero di aziende a conduzione femminile, che crescono nei più disparati settori produttivi. Ed è proprio nelle attività più innovative e multifunzionali che le imprese guidate dalle donne hanno dimostrato una spiccata attitudine all'adattamento a un mercato liquido e in costante evoluzione.

Luciana Delle Donne, per esempio, dopo aver fatto per 22 anni la dirigente di banca ed essersi inventata quella telematica e multicanale, ha deciso di tornare nella sua Lecce per provare a fare un bambino. Non ci è riuscita e dopo mesi di sensi di colpa, più tardi ha capito che quella che “non andava bene” non era lei. A quel punto ha deciso di abbandonare la divisa d'ordinanza, gli abiti blu e neri, la collana di perle e di rifarsi una vita e un guardaroba nuovi. È entrata in carcere e ha messo le detenute a produrre borse e capi d'abbigliamento. Oggi è l'amministratore delegato di Officina creativa, una delle più importanti imprese sociali d'Italia.

Carlotta De Bevilacqua, 56 anni, è un'architetta, designer, imprenditrice e docente di architettura al Politecnico di Milano. Ma anche animalista, vegetariana e soprattutto mamma. È sposata con il patron di Artemide, uno dei leader mondiali nel settore dell'illuminazione residenziale e professionale e quest'anno ha vinto il premio iF Product Design Award 2013 con il proiettore a LED Cata. Eppure quello che la rende davvero orgogliosa è aver salvato, con le sue sole forze, la Danese azienda protagonista negli anni 60' e 70' della storia del design italiano. Dopo averla acquistata nel 1999, ha assunto praticamente solo donne (l'80% di tutto il personale è femminile) e nel giro di una decina d'anni l'ha rivitalizzata e l'ha resa di nuovo competitiva sul mercato internazionale.

Monica Archibugi, 25 anni, si è invece inventata un sistema per far incontrare mamme in cerca di baby sitter e ragazze in cerca di lavoro che magari abitano a pochi metri di distanza le une dalle altre ma non lo sanno. Con Giulia Gazzelloni e Valentina Tibaldo, Monica ha creato il progetto Le Cicogne e lo ha presentato a Luiss EnLabs, un acceleratore d'impresa che assiste le startup durante tutta la fase iniziale. L'idea le è venuta qualche anno fa quando anche lei faceva la baby sitter e, grazie alle sue capacità relazionali, era diventata un punto di riferimento sia per tante famiglie che per le sue amiche che aiutava a trovare lavoro. Nel giro di qualche mese le tre ragazze hanno messo on line il loro progetto ed è nato Le Cicogne. Un nome che deriva dal servizio di baby taxi che Monica prestava quando accompagnava a tennis il bambino di cui era la baby sitter. “Chi più delle cicogne fa pensare a qualcuno che porta in giro i bambini?” spiega sorridendo Giulia, 24 anni, da poco laureata alla Luiss in General Management . Tra maggio e ottobre oltre 400 famiglie romane si sono rivolte a “Le Cicogne” per cercare una baby sitter, un aiuto per far fare i compiti ai figli, per accompagnarli in palestra o al catechismo o per organizzare loro la festa di compleanno. E il 96% delle richieste sono state soddisfatte.

Dalla prossima settimana il servizio sarà presente anche su Milano e man mano in tutta Italia. Oggi Giulia, Monica e Valentina lavorano praticamente 24 ore al giorno. Monica è fidanzata da tempo e vorrebbe realizzare al più presto anche il suo progetto di vita privata. Riuscirci, lo sanno bene tutte e tre, non è facile, ma nemmeno impossibile. “In fondo – dice Giulia – è proprio quello che stiamo cercando di fare con Le Cicogne: aiutare le donne a conciliare lavoro e famiglia”.  

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