Ilva, l’acciaio che l’Italia non può perdere

Il futuro della siderurgia europea, pilastro della stessa industria manifatturiera del Continente, è incerto e ai molti dubbi che lo riguardano forse darà risposta l’imminente «action plan» di Bruxelles, che dovrà orchestrare una riorganizzazione strategica del settore. Ma il futuro della siderurgia in Italia, dopo l’ennesima escalation giudiziaria sul caso Ilva, è assai più incerto. La paralisi dell’Ilva mette a rischio migliaia di posti di lavoro come pure la stessa competitività di tutta la filiera strategica per l’Italia che va dalla metallurgia ai prodotti di prima trasformazione dei metalli, fino alla meccanica, settore quest’ultimo che da solo genera un attivo con l’estero di quasi 50 miliardi di euro. Nei giorni in cui apprendiamo dall’Organizzazione mondiale del commercio e dall’Ocse che, in base a nuovi indicatori statistici assai sofisticati, la competitività rivelata, basata sul valore aggiunto incorporato nei prodotti esportati, vede proprio l’Italia prima al mondo nella meccanica, davanti alla Germania, il nostro Paese non può davvero permettersi il lusso di finire ultimo nell’acciaio.

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