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Il tornado americano, il ciclone sardo

Negli Stati Uniti era successo appena il giorno prima. Ma potenzialmente era addirittura peggio che in Sardegna, perché gli 81 tornado che si sono abbattuti tra il 18 e il 19 novembre su 10 Stati del Midwest interessavano 53 milioni di abitanti. L’epicentro tra Illinois, Indiana e Ohio (18 milioni di abitanti) con venti fino a 270 km orari. Una violenza testimoniata da queste parole di Michael Perdun, residente a Washington, Illinois: “Mia figlia era già nel piano interrato, così sono sceso sotto e l’ho afferrata, ci siamo rannicchiati nella lavanderia e all’improvviso tutto quello che ho potuto vedere era la luce del giorno sopra le scale e che la mia casa era volata via. L’intero quartiere era volato via, e il muro del caminetto è tutto quello che è rimasto della casa”. Ecco, il bilancio degli 81 tornado è stato di 7 morti. Da noi, invece, in Sardegna la “bomba d’acqua” ha provocato almeno 16 morti. Perché?

La risposta è banale. Perché l’Italia non è una Paese di cultura avanzata. È un Paese nel quale un terremoto, un’inondazione, un tornado provocano molte più distruzioni e morte che in Giappone o negli Stati Uniti, causa un drammatico ritardo nella prevenzione e nella sicurezza. In America, la vicedirettrice del servizio meteo del National Oceanic and Atmospheric Administration non aveva usato mezze parole o terminologie astruse: “È in atto un sistema temporalesco molto pericoloso che ha un alto potenziale di essere mortale e distruttivo. Prendete precauzioni subito”. Ed è scattato un sistema di protezione civile (in collaborazione con una popolazione che ha nel sangue l’obbedienza ai protocolli di sicurezza) per cui danni e vittime si sono ridotti al minimo. Le case sono assicurate, perché qualsiasi cosa succeda i residenti rischiano altrimenti di perdere tutti i propri beni. E le regole di sicurezza vengono osservate, perché altrimenti le assicurazioni non risarciscono.

Nel Midwest i tornado si spostavano alla velocità di 100 km l’ora. Con una rapidità che avrebbe facilmente potuto cogliere di sorpresa la popolazione (ripeto: 53 milioni di persone a rischio). Si è corsi, letteralmente, ai ripari. In Sardegna, invece, gli allarmi sono probabilmente timidi e le precauzioni insufficienti. In Italia, se qualcuno si azzarda a far evacuare un paese viene messo sulla graticola per procurato allarme. Il territorio è devastato. I fondi per il risanamento tagliati di anno in anno. La cultura civica diffusa, dalla dirigenza al singolo cittadino, quasi a digiuno delle norme di salvaguardia ambientale. E manca drammaticamente la comunicazione in tempo reale: al di là dell’allarme preventivo, l’informazione su quanto sta avvenendo va fatta nel preciso momento in cui poi il disastro si verifica. Insomma, tutto da ripensare.   

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