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Il Redditometro della Grande Inquisizione Fiscale

Moriremo tutti di incoerenza fiscale. Ormai siamo servi della Megamacchina tributaria. Lo siamo tecnicamente. Lavoriamo (ben 165 giorni quest’anno) per pagare le tasse, e anche quando le paghiamo siamo considerati presunti evasori. Ad umiliare il cittadino contribuente non bastavano i sequestri e i pignoramenti dispensati a buon mercato da Equitalia, neppure gli odiosi studi di settore, né il solve et repete che ti obbliga a pagare subito anche se intendi protestare. Adesso ci si mette pure il redditometro.

Lo strumento di “autodiagnosi fiscale” (sic!) ha poco a che vedere con l’idea originaria partorita dal professore Francesco Forte, il quale oggi dalle colonne del Foglio spiega che il “suo” redditometro serviva  a garantire solo in casi eclatanti un accertamento suppletivo nel rispetto della privacy del cittadino. Il redditometro made by Monti (& Visco) invece è l’arma totalitaria della Grande Inquisizione Tributaria.

Dobbiamo compilare un modulo e raccontare quali e quante spese abbiamo sostenuto, per esempio, per vestiario, regali, viaggi, abbonamenti vari e mangime per il gatto, stando ben attenti a non mentire (o a non scordarci la tracolla Louis Vuitton) perché lo spread (!) tra le spese sostenute e il reddito dichiarato è cruciale. Insomma ti inchioda. Semaforo verde: sei coerente (ovvero salvo, almeno per ora). Semaforo rosso: sei incoerente, in altre parole sei fottuto per sempre perché toccherà a te (e non al fisco) dimostrare di NON aver evaso. L’inversione dell’onere probatorio è soltanto l’ultima delle abdicazioni di uno Stato liberale in nome della Santa Fedeltà Fiscale.

Di fedeltà a volte si muore, sostiene qualcuno. Ma di fisco, di questo fisco esoso vessatorio e invasivo, siamo già morti. La fu eroica democrazia italiana.

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