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May 16 2017
Un indiano di religione Sikh girava a Goito, provincia di Mantova, con un pugnale dotato di una lama di 18,5 cm. La polizia lo ha fermato perché portare quel pugnale non era giustificato dalla legge e per le sue caratteristiche era "idoneo all'offesa".
L'uomo si è rifiutato di consegna il pugnale - il kirpan - dicendo che è "conforme ai precetti della sua religione".
È stato denunciato, processato e condannato sia in primo grado che in appello. Ha poi fatto ricorso in Cassazione: "Posso portare il coltello perché è giustificato dalla mia religione ed è un diritto tutelato dall'articolo 19 della Costituzione". La mia religione, ha aggiunto, mi impone di portare il kirpan e il turbante.
La corte di Cassazione invece ha confermato la condanna, imponendo un'ammenda di duemila euro per "porto d'arma impropria".
La questione sembra abbastanza semplice: una legge dello stato italiano viene violata, le forze dell'ordine e l'ordine giudiziario intervengono per farla rispettare. Difficile avere dubbi.
Le leggi vanno rispettate da tutti, indipendentemente dalla nazionalità, dalla religione che professa o da qualsiasi altra convinzione o valore che invochi.
Il limite alla tolleranza e al rispetto per le culture diverse è fissato dalle leggi.
La Cassazione però nella sentenza usa l'espressione "valori" che rende tutto molto scivoloso. E offre così un concetto facilmente strumentalizzabile politicamente.
Scrive infatti la prima sezione della Corte al punto 2.3:
Il fatto che la sentenza usi l'espressione "valori" può richiamare una concezione etica dello Stato che probabilmente va oltre l'intenzione della Cassazione e che in questo caso non era necessaria, visto che il perimetro della legge italiana era perfettamente adeguato per sanzionare il Sikh e il suo temibile kirpan.
Nei prossimi giorni e nelle prossime ore leggeremo e sentiremo molti commenti, alcuni dei quali insensati e orientati a sfruttare politicamente la vicenda.
Come ha dichiarato Emma Bonino in un'intervista a Repubblica pubblicata il 16 maggio: "La tolleranza religiosa ha nella legge il suo confine, sia che uno sia cattolico, che sikh, che musulmano".
Sempre sul quotidiano romano interviene Cesare Mirabelli che ribadisce come il principio stabilito dalla Cassazione sia giusto. Tuttavia, aggiunge: "Tutto dipende da cosa intendiamo per valori. Se intendiamo quelli essenziali che si sostanziano nell'ordine pubblico siamo tutti d'accordo, altro rischierebbe invece di eccedere l'esigenza di tutela della sicurezza e violare l'identità e la cultura d'origine delle persone".
D'altra parte la storia del pugnale del Sikh mantovano ci potrebbe aiutare a ragionare in modo pacato e informato sui confini tra diritto e religione. Sui limiti e i rischi per i diritti individuali di un approccio semplicemente multiculturale all'immigrazione e - come auspicabile - sulla necessità di una scelta a favore dell'integrazione che abbia però come perimetro chiario le norme stabilite della Costituzione italiana e delle leggi conseguenti.
Magari, preferendo le culture meticce a quelle "pure" (ma qui siamo comunque nel campo dell'etica, non del diritto).