Il mercante di Venezia con Silvio Orlando: il teatro è vivo

Ieri al Carignano di Torino sono andata ad assistere alla rappresentazione de “Il mercante di Venezia” per la regia di Valerio Binasco. Aver scritto questa recensione ieri notte ci sarebbe stato spazio in queste righe solo per elogi e complimenti, tranne che per  un dettaglio assolutamente non trascurabile che è la decisione di non far travestire Porzia da Baldassarre (l’avvocato che salverà poi Antonio), ma come ho già detto, galvanizzata ieri sera, ci sono passata sopra. Attori incredibili e scenografia essenziale regalano dei momenti di puro divertimento inondando di colori questo capolavoro, rendendolo quasi pop  e molto attuale. Aiutato anche dai costumi, Binasco riesce in un lavoro difficile, se non fosse per l’arroganza di correggere un testo incorreggibile e la spocchia di togliere peso alla parte del processo, lasciandolo un semplice passaggio fra l’incontro e la preparazione del matrimonio fra Porzia e Bassanio, risolto in breve, corretto, quasi reso commedia spicciola.

Sia chiaro, sto parlando “solo” del processo, lo spettacolo è un centro perfetto, la regia, e vorrei non scriverlo per il disappunto che ha fatto nascere in me, è comunque straordinaria, mi ha portato a discutere di questo dettaglio per ore, e se uno spettacolo fa questo allora è un grande spettacolo.

Un incredibile Shylock interpretato da Silvio Orlando che conferma la sua grandezza come attore. Tanto grande da non farmi mai odiare l’ebreo, nemmeno per un secondo, stravolgendo in toto la consapevolezza che avevo dell’opera. (volontà di Binasco o di Orlando non so, ma bellissimo).

Bravissimi anche Andrea Di Casa  in Bassanio (un volto del genere dovrebbe far parte anche del cinema italiano, a volte la voglia di non rischiare di alcune produzioni penalizza i progetti, che vedono sempre gli stessi attori trascurando scelte vincenti  come potrebbe essere Di Casa), e Simone Luglio (Graziano) che rendono il viaggio e la riuscita  della conquista dell’amore più rocambolesca e gustosa di quello che in realtà è.

Sergio Romano (Lancillotto) regala momenti di commedia intelligente e mai scontati, rendendo quello che era un personaggio di seconda lettura fondamentale.

Roberto Turchetta e Ivan Zerbinati (Solanio e Salerio) strepitosi insieme a Barbara Ronchi in Porzia (data la bravura poteva reggere egregiamente la parte di Baldassare, Binasco dovrebbe fidarsi di più dei suoi attori) e alla caratterista Milvia Marigliano (Nerissa), asso nella manica di ogni spettacolo a cui prende parte.

Talmente riuscito come personaggio quello di Antonio interpretato da Nicola Pannelli, che al momento di conoscere l’attore ancora a tratti lo detestavo per l’arrendevolezza che gli è propria nella commedia.

E poi Fulvio Maria Pepe (Lorenzo) straordinariamente innamorato di Elena Gigliotti (Jessica) e inconsapevolmente succube di lei appena liberatasi da anni di sudditanza nei confronti del padre. E Fabrizio Contri ottimo nei panni del giudice.

Insomma, il teatro è più vivo che mai e fa ancora parlare di se. Sono felice che opere così sentite e “piene” trovino spazio, anzi, pretendano spazio in Italia. Ora torno a discutere delle scelte di Binasco, con permesso.

Anzi, prima di chiudere vorrei chiedere al mondo del teatro di togliersi la puzza sotto il naso e capire che esiste anche la promozione via web, che funziona e che serve. Imparare un nuovo linguaggio non vuol dire arrendersi, ma migliorarsi.

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