Il coraggio dei vasi di coccio

Se dovessi dire quel è il brano evangelico – anzi, biblico – che più mi sta a cuore e che credo contenga l’essenza del cristianesimo, io indicherei Gv, 14, l’incipit del discorso di Gesù durante l’ultima cena cui l’evangelista Giovanni dedica ben quattro capitoli su ventuno, quasi un quinto del suo Vangelo. Tra l’altro, senza menzionare nemmeno di sfuggita ciò che di più colossale – per così dire – in quella cena è avvenuto, stando agli altri tre evangelisti: l’istituzione dell’Eucarestia e della stessa Chiesa.

E di tutto quel brano, le parole che preferisco sono le prime, la prima metà del primo versetto: «Non sia turbato il vostro cuore».

Ecco, mi pare che prima di ogni altra cosa, prima delle ingombranti metafisiche, prima delle ancor più ingombranti morali, più della pur venerabile e amabile liturgia, più dell’appartenenza, più dell’incorporazione a Cristo nella Chiesa, il cristianesimo sia proprio quello: la dissipazione della paura.

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