Il carrierismo del salvatore della Patria

Più o meno è andata così. Il presidente del Consiglio Mario Monti, già nominato in tempi record senatore a vita, propone a Giorgio Napolitano la propria elezione a Presidente del Senato in cambio del sostegno al candidato PD allo scranno più alto della Camera. Il capo dello Stato stoppa le ambizioni di Monti, facendogli presente che lasciare il governo anzitempo non è proprio la ricetta per aiutare il Paese. Sicuramente Monti, grazie alle sue doti di empatia con i mercati e la finanza, ha compreso che la sua elezione alla presidenza del Senato sarebbe assai efficace nell’obiettivo di contenimento dello spread. E’ il divario tra BTP e BUND a persuaderlo dell’assoluta urgenza della sua promozione.

Ma non c’è niente da fare, Napolitano è irremovibile (e glielo ribadisce in un cortese sms). Non c’è un vice di Monti e a sostituirlo dovrebbe essere il ministro più anziano. Insomma l’Italia vive già un trambusto istituzionale, non si sa se si riuscirà a formare un nuovo esecutivo, e il governo acefalo aggiungerebbe altra incertezza. Non è proprio il caso, stavolta le ambizioni di Monti vanno messe da parte.

Monti, il bocconiano prestato alla politica ma ai suoi usi e costumi ben presto abituatosi, non la prende bene. Nell’intervista rilasciata oggi su La Stampa al giornalista Marcello Sorgi, Monti confida di essersi sentito “prigioniero” e in ultimo di non aver condiviso i rilievi del Capo dello Stato. “Mi dispiace – afferma un deluso Monti – che il divieto impostomi dal Quirinale possa aver fatto piacere a più d’uno degli uomini di Stato subdoli e manovrieri”. Gli altri, dunque.

Non si può certo definire subdolo e manovriero il “salvatore della Patria”, che dopo aver promesso di non candidarsi al termine del mandato ricevuto contro “la tempesta che si abbatteva sul Paese” nel novembre 2012, ha deciso sì di non candidarsi, ma per non farsi pesare elettoralmente. Per il resto, poco in armonia col il suo ineffabile e beffardo aplomb inglese, ha fondato un partitello, assorbito voti di ex casiniani, ex finiani e neomontezemoliani, ed è rientrato in Parlamento dalla porta principale, essendo egli senatore a vita.

Né tanto meno si può definire subdolo e manovriero il “salvatore della Patria” quando sbarra la strada all’elezione a presidente della Camera del suo uomo Lorenzo Dellai. O io o nessun altro, è in stringata sintesi il ragionamento sopraffino del non-politico, non-subdolo, non-manovriero Mario Monti.

“Ci fanno passare per centristi opportunisti, ma questo mi sembra addirittura mastellismo di ritorno”, pare che gridasse così l’altro ieri a Palazzo Madama Pier Ferdinando Casini. E non parlava di sé, ma di Monti più occupato a fare carriera che a costruire un partito.

Niente sorrisini, eh. Rispetto per il Professore.

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