I tre grandi flop economici del 2013

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Nel 2007 tre delle menti più geniali di Wall Street, Goldman Sachs, Kohlberg Kravis Roberts e Texas Pacific Group hanno sborsato niente meno che 48 miliardi di dollari per rilevare Texas Utilities, portando avanti la più grande transizione pubblico-privato della storia.


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Ebbene, l'accordo ha mostrato i suoi evidenti segni di debolezza pochi secondi dopo essere stato firmato, (anche) perché il prezzo del gas naturale è crollato, e Texas Utilities ha perso in poco tempo una grossa fetta di competitività. Un flop talmente grosso e, nonostante tutto, non previsto, che ha fatto sì che persino il grande Warren Buffet si sia ritrovato adover gestire un mancato profitto legato ad un investimento di due miliardi di dollari. Oggi, Texas Utilities è sull'orlo della bancarotta.


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Nel 1993 il New York Times ha acquistato il Boston Globe per 1.028 miliardi di dollari. A posteriori, è più che legittimo sostenere si sia trattato, relativamente al mondo dei media, della peggiore acquisizione di sempre. Ad ottobre, (finalmente) il New York Times ha deciso di scaricare il Globe e il Worcester (Mass.) Telegram & Gazette (rilevato nel 2000 per 296 milioni di dollari), incassando un totale di 70 milioni. Quindi più o meno la metà di quello che aveva speso.


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Altri due noti geni di Wall Street, Bill Ackman del fondo Pershing Square e Steve Roth del Vornado Realty Trust hanno acquistato tonnellate d azioni di JC Penney, nota catena americana di fascia media, e hanno successivamente fatto pressioni sul consiglio aziendale per finalizzare l'assunzione di Ron Johnson, ex responsabile capo retail di Apple e noto a molti come il principale artefice del successo degli Apple Store.


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Ebbene, è stata poi di Johnson l'idea di far fare alla catena un salto di qualità troppo rapido e senza effettuare alcuno studio preliminare. E ha fallito. E' stato licenziato, ma non prima di aver provocato grosse perdite ai suoi stessi sostenitori, e in questo momento non è così scontato che JC Penney riesca a salvarsi evitando la bancarotta.


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Relativamente al 2013, di flop da ricordare ce ne sarebbero molti, moltissimi altri. Dal lancio di Facebook in borsa al tentativo delle grosse catene di distribuzione di posizionarsi sul mercato indiano (con continui passi avanti e passi indietro che creano solo instabilità, e perdite). Tuttavia, per affacciarci al nuovo anno con un minimo di ottimismo in più, sarebbe bene chiudere questa classifica con una nota positiva.


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Sono le idee a fare la differenza, più che le persone a cui vengono in mente. Si può diventare famosissimi per essere stati in grado di lanciare il prodotto giusto nel modo e nel momento giusto, ma questo non significa che il genio in questione sarà in grado di riuscirci di nuovo in un altro settore. E si può avere successo con idee banali, a patto che siano adattate al contesto in cui dovranno operare.


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Un esempio ? In pochi altri paesi oltre all'India riempire (alcuni tipi di) aziende di operai non specializzati è conveniente. Mehul Choksi, presidente del gruppo Gitanjali, azienda leader nella produzione di gioielli a buon mercato, ha assunto nella sua fabbrica di Hyderabad 2.500 disabili, persone che nessuno avrebbe mai pensato di inserire nel mercato del lavoro. Ha offerto loro un lavoro semplice, quello della pulizia dei diamanti, è ne è stato ricompensato con tassi elevatissimi di produttività. Sfruttamento? Nel contesto indiano no, la popolazione preferisce parlare di opportunità e riscatto sociale. Ma appunto, sono il contesto e le idee che contano, non la notorietà di chi le elabora.


Il noto settimanale americano di economia e finanza Fortune ha recentemente pubblicato una classifica in cui riassume i principali flop del 2013. Aiutandoci a ricordare come tutte tante strategie che, appena un paio di mesi fa, ci erano sembrate brillanti e inevitabilmente vincenti, si sono rivelate fallimentari. Anche quando messe a punto da insospettabili geni (americani) dei mercati e della finanza.

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