immigrati-arrivo-germania
Sean Gallup/Getty Images
News

I migranti e la disunità europea

Per Lookout news

Un meccanismo permanente per la redistribuzione fra tutti gli Stati membri dei rifugiati arrivati nei Paesi di primo ingresso, da mettere in moto ogni qualvolta si verifichino situazioni di massima urgenza come i flussi migratori registrati nel Mediterraneo e nell’est Europa negli ultimi mesi. La velocizzazione delle pratiche di rimpatrio dei migranti economici (vale a dire quelli che non hanno diritto all’asilo) in quei Paesi in cui il rientro non metterebbe a rischio l’incolumità e il rispetto dei diritti umani di chi è emigrato (senza dunque violare la Convenzione di Ginevra). Il rafforzamento di Frontex per permettere all’Agenzia di sorvegliare e controllare efficacemente le coste e le frontiere dell’Europa. E, soprattutto, un monito all’Unione Europea affinché adotti in maniera convinta una politica comune sull’immigrazione, rispettando quanto previsto dal Trattato di Lisbona.

La crisi dei rifugiati in Europa - Foto e cronaca

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

AFP PHOTO /SAKIS MITROLIDIS
Profughi al confine fra Grecia e Macedonia, 8 settembre 2015

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

AFP PHOTO /SAKIS MITROLIDIS
Profughi al confine fra Grecia e Macedonia, 8 settembre 2015

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

AFP PHOTO /SAKIS MITROLIDIS
Profughi al confine fra Grecia e Macedonia, 8 settembre 2015

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

AFP PHOTO /SAKIS MITROLIDIS
Profughi al confine fra Grecia e Macedonia, 8 settembre 2015

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

AFP PHOTO /SAKIS MITROLIDIS
Profughi al confine fra Grecia e Macedonia, 8 settembre 2015

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

AFP PHOTO /SAKIS MITROLIDIS
Profughi al confine fra Grecia e Macedonia, 8 settembre 2015

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

SAKIS MITROLIDIS/AFP/Getty Images)
Profughi al confine fra Grecia e Macedonia, 8 settembre 2015

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Alexandra Beier/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Immigrati ospiti di un centro accoglienza che fa capo alla parrocchia di Tavarnuzze, Firenze, 7 settembre 2015. La diocesi di Firenze si Ë gi‡ messa da tempo a disposizione per l'accoglienza dei profughi e ha fatto offerte di immobili di propriet‡ dell'Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero. E anche le parrocchie si sono gi‡ mosse segnalando alcuni locali idonei all'accoglienza (alcuni di questi sono gi‡ occupati). Complessivamente il volontariato cattolico (tramite la Caritas, le Misericordie ed altre associazioni e cooperative) si sta attualmente occupando, solo nel territorio della diocesi di Firenze, di quasi un migliaio di persone. ANSA/MAURIZIO DEGL'INNOCENTI

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

ANGELOS TZORTZINIS/AFP/Getty Images
Giubbotti di salvataggio, abiti, scarpe sulla spiaggia dell'isola di Lesbo. Se ne sono liberati i profughi arrivati sull'isola dopo un lungo viaggio in mare - 7 settembre 2015

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

AFP PHOTO /SAKIS MITROLIDIS
Profughi al confine fra Grecia e Macedonia, 8 settembre 2015

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

AFP PHOTO /SAKIS MITROLIDIS
Personale medico verifica le condizioni di salute di un profugo al confine fra Grecia e Macedonia, 8 settembre 2015

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

SAKIS MITROLIDIS/AFP/Getty Images)
Profughi al confine fra Grecia e Macedonia, 8 settembre 2015

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Sean Gallup/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Sean Gallup/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Sean Gallup/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Sean Gallup/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Sean Gallup/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

EPA/ZSOLT SZIGETVARY
Uno dei profughi in cammino dall'Ungheria alla Germania, con un ritratto della candelliera Merkel al collo

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Matt Cardy/Getty Images
Bicske, Ungheria, 4 settembre 2015: la protesta dei migranti che si rifiutano di abbandonare il treno per raggiungere un campo profughi.

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria


Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Matt Cardy/Getty Images
Bicske, Ungheria, 4 settembre 2015: la protesta dei migranti che si rifiutano di abbandonare il treno per raggiungere un campo profughi.

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Matt Cardy/Getty Images
Bicske, Ungheria, 4 settembre 2015: la protesta dei migranti che si rifiutano di abbandonare il treno per raggiungere un campo profughi.

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Sean Gallup/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

PETER KOHALMI/AFP/Getty Images
Profughi attraversano il confine tra Ungheria e Austria, 5 settembre 2015

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Photo by Sean Gallup/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Alexandra Beier/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Sean Gallup/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Sean Gallup/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Sean Gallup/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

Oddissea profughi tra Germania e Ungheria

Alexandra Beier/Getty Images
Monaco di Baviera, 5 settembre 2015, l'arrivo dei profughi

Nel suo discorso tenuto poche ore fa a Strasburgo di fronte al parlamento europeo sullo stato dell’Unione Europea, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha provato a mettere i Paesi membri di fronte alle loro responsabilità. Non ha risparmiato critiche nei confronti di quei Paesi dell’est – Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia – che stanno ostacolando l’arrivo dei migranti e ha chiesto uno sforzo comune per sferrare un’“offensiva diplomatica” che permetta di risolvere le crisi in Libia e Siria.

 Sarà il tempo, e soprattutto i voti del parlamento, a dire quante di queste parole si tradurranno in azioni concrete. Anche se, alla luce dei tanti discorsi e dei pochi interventi effettuati negli ultimi mesi, non si può che essere quantomeno scettici. L’immediata prova della verità è la redistribuzione, secondo quote obbligatorie, dei primi 160mila profughi: 120mila sono i nuovi rifugiati arrivati in Italia, Grecia e Ungheria; altri 40mila erano sbarcati in Italia (24mila) e Grecia (16mila) fino a maggio e a loro era già stato riconosciuto lo status di richiedenti asilo.

 Paesi come la Germania (pronta ad accogliere 500.000 rifugiati all’anno per i prossimi anni), la Francia e la Spagna sono pronte a fare la loro parte. L’Italia distribuirà circa 20mila migranti in base all’accordo raggiunto nel 2014 nell’ambito della conferenza unificata Stato-Regioni. Altri Stati membri, invece, continuano a dichiarare che all’accoglienza opporranno muri e filo spinato, come il premier ungherese Viktor Orban che ha promesso la fine del lavori per la costruzione di una barriera anti-immigrati al confine con la Serbia entro il 15 settembre.

L’altruismo discutibile del premier Abbott
Se dunque all’Unione Europea “manca l’Europa e manca l’Unione”, come ha affermato Juncker, da altre parti del mondo arrivano invece segnali diversi, seppur dettati da interessi lontani da un puro spirito d’accoglienza. È il caso dell’Australia, che ha comunicato di essere pronta a prendersi carico di 12mila profughi siriani e di fornire nuovi aiuti finanziari per 44 milioni di dollari australiani (pari a 28,6 milioni di euro).

 La magnanimità del premier australiano Tony Abbott non è però cieca. Il suo governo aumenterà lo sforzo nei confronti dei profughi (attualmente ogni anno accetta 13.730 richieste d’asilo), ma ha chiesto di poter venire incontro solo a quelli di determinate minoranze religiose: cristiani – compresi maroniti, yazidi e drusi – piuttosto che musulmani. Più deciso, invece, l’intervento militare contro lo Stato Islamico a sostegno della coalizione internazionale impegnata in Siria e Iraq. La Royal Australian Air Force sta già prendendo parte alla campagna guidata dagli USA. Finora i suoi aerei si sono limitati a operazioni di rifornimento e alla raccolta di informazioni. Da adesso, su richiesta di Washington, parteciperanno direttamente ai raid contro le postazioni jihadiste.

Il caso del Venezuela
Ha fatto notizia anche l’intenzione del Venezuela di voler accogliere 20.000 rifugiati siriani. “Quanti altri arabi devono morire prima che la coscienza umana si risvegli?”, ha affermato il presidente Nicolas Maduro in un vertice di governo del 7 settembre. “Accoglieremo 20.000 siriani, li aspettiamo nella nostra patria affinché condividano con noi questa terra di pace, di Cristo e dell’eroe della nostra indipendenza Simon Bolivar”.

Oltre al governo di Caracas, anche quelli di Uruguay e Argentina sono pronti ad accogliere i profughi. Ma il caso del Venezuela è particolare rispetto agli altri. Mentre con una mano accoglie i siriani, con l’altra Maduro da settimane continua a respingere migliaia di colombiani residenti da anni illegalmente nello stato di Tachira, al confine con la Colombia. Inoltre, secondo i suoi oppositori, starebbe sfruttando l’accoglienza dei siriani per spalleggiare il presidente siriano Bashar Assad e lanciare nuove accuse contro gli USA e contro i suoi alleati occidentali, i veri colpevoli a suo dire della guerra in Siria. Al netto delle buone intenzioni, anche a queste latitudini l’emergenza dei migranti in fuga dalle guerre dell’Africa e del Medio Oriente appare più come un argomento utilizzato per fare propaganda e rispondere agli attacchi degli avversari politici.

YOU MAY ALSO LIKE