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ANSA/ETTORE FERRARI
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La convivenza (difficile) tra Grillo e Di Maio

Pare che Beppe Grillo abbia tirato un sospiro di sollievo. E non quando Luigi Di Maio ha trionfato alle elezioni del 4 marzo. No, il comico genovese ha (ri)trovato serenità quando pure Andrea Orlando - leader della minoranza interna al partito democratico - ha detto chiaramente di essere contrario a ogni accordo con i 5 Stelle. Il che, dopo i no di Matteo Renzi e Dario Franceschini, rende di fatto improbabile, se non impossibile, qualsiasi appoggio dem a un governo pentastellato.

Insomma, mentre Di Maio (capo politico dei 5 Stelle) tenta, a tutti i costi, di comporre una maggioranza parlamentare utile a farlo arrivare a Palazzo Chigi, Grillo (garante del movimento) spera che il giocattolo non si rompa per le legittime ambizioni di chi ha vinto le elezioni. Un giocattolo, è bene ricordarlo, messo in piedi da lui in tempi difficili, quando gli davano del visionario, e non dai vari Di Maio, Davide Casaleggio e l’intera nouvelle vague pentastellata, arrivati molto tempo dopo.

Un esempio. Per tutta la scorsa legislatura, il M5S ha ferocemente attaccato il Pd sul tema dei voltagabbana. Restano addirittura memorabili certe sedute parlamentari in cui deputati e senatori pentastellati aggredivano e insultavano Renzi per i suoi accordi con Denis Verdini e Angelino Alfano.

Chiedere ora ai vari Michele Emiliano e Sergio Chiamparino (e altri dem disponibili all’inciucio) di comportarsi allo stesso modo, per Grillo significa sporcare l’immagine del movimento. Certo, Di Maio sta tentando di rendere nobile la potenziale intesa con il Partito democratico (vedi alla voce: accordo su dieci punti programmatici e nomina comune dei presidenti delle Camere). Tuttavia, secondo il comico genovese non c’è comunque ragione che tenga: per lui i traditori del mandato popolare ed elettorale sono "cani e porci della politica".

Meglio l’opposizione, dunque. Meglio che a governare siano gli altri, teorizza Grillo, tanto il capo dello Stato, Sergio Mattarella, un esecutivo qualsiasi riuscirà a metterlo in piedi. Sarà allora che i 5 Stelle dovranno difendere la loro purezza in attesa di raggiungere il 51 per cento dei consensi alle prossime elezioni, quando ci saranno. Insomma, di Palazzo Chigi si occupino il centrodestra e il Pd, così il movimento potrà approfittarne elettoralmente restandone fuori.

Domanda: fino a che punto Di Maio ascolterà Grillo? Ai posteri l’ardua sentenza.

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