Così Google trasformerà le nostre foto in racconti

Coi nostri smartphone realizziamo foto in quantità industriali. Raramente, però, ci preoccupiamo di rivelare ciò che sta dietro ai nostri scatti, tutti quei dettagli che fanno di un'istantanea un vero e proprio concentrato di un'esperienza. Intendiamoci, le applicazioni per fare blogging o storytelling non mancano, ma la verità è che viviamo in una generazione in cui c’è sempre meno tempo per raccontare. Ci limitiamo a qualche condivisione sui social network, giusto per racimolare un paio di like o qualche commento dagli amici. Il resto sono archivi e rullini intasati di foto che nessuno mai vedrà.

Per questo motivo, Google ha introdotto qualche mese fa Storie , una funzione integrata all’interno di Google Plus che offre un modo più veloce - o per meglio dire, automatico - per distillare l’informazione contenuta in ogni singolo scatto. Il principio è noto: ogni foto racchiude dentro di sé non solo un aggregato di pixel ma anche tutta una serie di metadati (coordinate geografiche, cronologia, informazioni legati all’utente) che, se elaborati, possono dire molto di ciò che si cela dietro ad ogni scena. A Mountain View sono perciò convinti che si possa creare un algoritmo sempre più raffinato in grado di incrociare questo patrimonio di informazioni e di integrarlo con tutti i vari strumenti di cui dispone Google nell’ambito delle tecnologie di imaging (compresi i vari sistemi di riconoscimento visivo).

Il primo frutto concreto di questo lavoro è appunto Google Storie, un sistema automatizzato che seleziona le nostre foto migliori, ne distilla le informazioni più interessanti e traduce il tutto in una sorta di resoconto esperienziale. Ma il progetto della grande G - nome in codice Boswell - è molto più ambizioso. Google, spiega in questo articolo The Atlantis , vuole realizzare una sorta di Google Now del passato: un vero e proprio assistente digitale, con doti da novelliere, capace di trasformare gli scatti degli utenti in veri e propri racconti. "Ci piace l'idea di poter diventare il vostro novelliere personale, il vostro biografo digitale, qualcuno che vi aiuti ad articolare gli archi narrativi dei momenti della vostra vita", spiega Joseph Smarr, uno degli ingegneri attualmente impegnati sull'iniziativa.

La parte più impegnativa del progetto sta ovviamente nella capacità di pervenire a un risultato che sia vicino ai canoni “umani”. O, per dirla in altre parole, che non lasci pensare che dietro ad ogni racconto ci sia l'elaborazione di una macchina. Ecco perché Google sta attualmente lavorando su un concetto di automatismo ibrido, coniugando cioè le tecnologie e gli effetti speciali del suo immenso arsenale software con gli strumenti che consentano agli utenti di arricchire e perfezionare il resoconto in prima persona. Un approccio che per certi versi ricorda quello adottato su un altro fronte caldo del paniere di Google, quello delle traduzioni automatiche. "Stiamo cercando di presentare l'essenza della cosa", ha aggiunto Smarr, "qualcosa di più difficile che non il semplice rigurgitare dati degli utenti".

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