Google City, ecco come sarà la città del futuro

L’idea fa subito venire alla mente uno degli scenari distopici tratteggiati in passato da tanti autori di fantascienza: una città-stato ipertecnologica in cui ogni aspetto della vita quotidiana è automatizzato, ogni oggetto connesso, ogni informazione digitalizzata, ma soprattutto: ogni cittadino controllato. Per quanto questa prospettiva possa mettervi a disagio, fareste meglio a farci l’abitudine fin da ora, perché esiste una buona probabilità che le metropoli del futuro saranno così.

Da qualche mese circola questa indiscrezione secondo cui Larry Page starebbe covando il sogno di costruire una città a misura di Google, una sorta di laboratorio urbano permanente in cui mettere in pratica tutti i progetti, dai dispositivi domotici al traffico gestito da intelligenze artificiali, su cui Google (o sarebbe meglio dire: Alphabet) sta lavorando da anni.

Per ora non c’è nulla di ufficiale, sappiamo solo che il progetto sta fermentando nei cantieri di Sidewalk Labs, società afferente ad Alphabet e guidata da Daniel Doctoroff, uno dei responsabili dello sviluppo economico di New York sotto l’amministrazione Bloomberg. Doctoroff avrebbe già messo al lavoro più di 100 teste pensanti, che si starebbero occupando di mettere nero su bianco un progetto che, se approvato dai piani alti di Mountain View, potrebbe impegnare l’azienda per diversi anni e richiedere investimenti per diversi miliardi di dollari.

Prima di liquidare l’idea di una Google City come assurda e infattibile, è il caso di tenere conto di una serie di progetti su cui Google sta investendo vagonate di quattrini e che trarrebbero giovamento da un ambiente urbano dedicato, uno su tutti: le Google Car senza pilota. Da anni Google sta assumendo fior fior di accademici ed esperti in intelligenza artificiale, per dare alle proprie vetture automatiche un cervello che consenta di sostituire la capacità di giudizio di un pilota umano. In una futuribile Google City queste auto troverebbero il proprio ambiente naturale: invece di doversi integrare in un traffico caotico e imprevedibile, potrebbero interagire in modo da minimizzare code e incidenti; in poche parole: il concetto stesso di traffico cambierebbe radicalmente.

A questo bisogna aggiungere il lavoro di Google sulla domotica, sull’internet delle cose, per non parlare di Google Fiber e delle acquisizioni nel campo della robotica.

Posto che il progetto ottenga un semaforo verde, non è detto che Google City sarà una metropoli a sé stante, esiste la possibilità (piuttosto plausibile, a dire il vero) che Sidewalk Labs si occuperà di riqualificare un quartiere di una città esistente.

Nel frattempo, qualcuno ha già cominciato a sollevare polemiche. Non è certo la prima volta che una città moderna viene costruita a tavolino, il mondo è pieno di “città pianificate”, è il caso di Canberra, di Brasilia, della recentissima Pegasus Town (fondata nel 2008 in Nuova Zelanda), ma anche di Masdar City, la città a chilometro zero eretta alle porte di Abu Dhabi. La critica più comune è che questi agglomerati finiscano per diventare asettiche città-dormitorio, prive del fermento urbano tipico degli inurbamenti spontanei. Un discorso simile vale per quei distretti riqualificati, come Battery Park City a New York, che il più delle volte si sono tramutati in incubi logistici ed economici.

Quello di cui queste polemiche non tengono conto, tuttavia, è che nella maggior parte dei casi, questi progetti sono stati penalizzati da ostacoli di natura legislativa e tecnologica, oltre che da un’insufficienza di fondi, ostacoli che difficilmente potrebbero impensierire un colosso delle dimensioni di Google.

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