I giovani "ritoccati" per amor di selfie

Negli anni Ottanta si andava dal parrucchiere con la foto dell’attrice Brooke Shields dicendo: «Voglio i capelli così». È già lì era mission impossible. Ora si arriva dal chirurgo plastico con il proprio selfie modificato, photoshoppato, ritoccato con tutti i filtri possibili. E si vuole diventare quello che ogni giorno sui social diciamo di essere. E non siamo.

È la dismorfofobia da Instagram o Snapchat, la visione distorta dell’immagine corporea, che sta portando a un vertiginoso aumento degli interventi estetici soprattutto tra le giovanissime. Il 40 per cento dei ritocchi riguarda infatti la fascia d’età tra i 18 e i 29 anni. «C’è una richiesta sempre maggiore di filler e botox in pazienti poco più che ventenni» afferma Pietro Gentile, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica all’Università di Tor Vergata a Roma. «Anche le minorenni sono in ascesa, a dir la verità, ma lì sta all’etica del medico mandarle via».

È un mondo trasversale, come sostiene lo psicologo Gioacchino Lavanco: «Non è più un fenomeno di élite, piuttosto è diventato una sorta di shopping compulsivo da centro commerciale. Oggi una diciannovenne tra la macchina e il seno nuovo, vuole il secondo. E spesso con la complicità dei genitori».

Il chirurgo si sceglie su Instagram, dove c’è un catalogo in stile Postalmarket: medici che sembrano reginetti di un concorso di bellezza, immagini di seni e glutei perfetti e pure video in diretta dalle sale operatorie, leggermente disgustosi. Continua Gentile: «In Italia i tre interventi più richiesti sono la mastoplastica additiva, la liposuzione e la rinoplastica. Ci deve essere sempre la corretta indicazione, invece vedo arrivare molti pazienti che chiedono senza averne bisogno». Sono in aumento i ragazzi rispetto a un tempo, ma le donne restano la maggioranza con una quota dell’85,6 per cento. «I maschi tra i 18 e i 20 anni vengono soprattutto per problemi di alopecia. Così giovani, vogliono il trapianto dei capelli anche per lievi diradamenti».

Negli Stati Uniti, secondo l’American Society Of Plastic Surgeons, questo tipo di trapianto nell’ultimo anno ha fatto un balzo del 19 per cento. Ma l’aumento del seno resta saldamente al primo posto: 300 mila nel 2017 contro 246 mila liposuzioni (più 5 per cento). Le punturine di Botox hanno raggiunto vette mai viste: 7,2 milioni di iniezioni. Gli adolescenti sono l’uno per cento dei pazienti, ma i numeri sono destinati a crescere. Mentre, sempre in America, paese che dà la linea, le ventenni si sono sottoposte a 827 mila interventi tra estetici e chirurgici. Le hanno ribattezzate Botox babies, la Freeze-Face generation: cresceranno, ma non invecchieranno mai. Meglio prevenire che curare è il loro slogan. «Non lo approvo, ma saranno sempre di più, è abbastanza fisiologico. D’altronde le loro madri “rifatte” non potranno non acconsentire» riflette Roy de Vita, stimato chirurgo plastico, primario all’Istituto Nazionale dei Tumori di Roma Regina Elena. «Le più giovani chiedono l’aumento del seno, ma spesso io non sono d’accordo. Ero uno dei componenti del gruppo tecnico di studio della legge che nel maggio 2012 ha vietato l’operazione sulle minori e ha istituito il registro delle protesi mammarie. Devo dire che ho molte perplessità, vedo come i giovani affrontano tutto questo con superficialità. C’è ancora chi vuole dimagrire con la liposuzione. Se non ne hanno bisogno, e se le aspettative non sono realistiche, io li mando via. Bisogna entrare in sala operatoria solo se è necessario, anche da giovani, e se si ha un problema. E ricordarsi che l’intervento non è una messa in piega».

Siamo diventati narcisi digitali, innamorati delle nostra immagine virtuale, schiavi dei selfie: si calcola che in un anno ne siano scattati circa 34 miliardi. «Negli ultimi due anni abbiamo registrato una crescita del 15 per cento di procedure estetiche solo allo scopo di apparire migliori nelle foto sui social» conferma Daniele Fasano presidente della Sicpre, la Società italiana di Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica. E così corrono a operarsi. Convidendo l’esperienza. Come racconta il chirurgo plastico Pierfrancesco Cirillo: «Appena si svegliano hanno già il cellulare in mano per postare sulle Instagram stories la foto con lividi e bendaggi. Devono essere protagoniste anche con i bozzi. Spesso dietro c’è una psicopatologia che va gestita».

Negli Stati Uniti, dopo il quinto intervento, il chirurgo può richiedere una perizia psicologica. Secondo una recente ricerca dell’Accademia americana di Chirurgia ricostruttiva e plastica facciale, più della metà dei medici iscritti a questa organizzazione ha ricevuto richieste da parte di pazienti under 30 che aspiravano al selfie perfetto. «Si fotografano con le angolazioni più strane, è normale che poi il naso sembri più grosso o si mettano in evidenza difetti che non esistono», riflette lo psicologo Mario Sellini. «I social fungono da moltiplicatore, ma alla base c’è un problema legato alla distorsione dell’immagine corporea».

Un problema di autostima, insoddisfazione, paura di non sentirsi all’altezza, come mostra la ricerca condotta nel 2015 dalla Società italiana di medicina estetica con l’Università Magna Grecia di Catanzaro su un campione di adolescenti fra i 13 e i 18 anni. Dichiarano di essere insoddisfatti del proprio corpo il 78 per cento delle ragazze e il 54 dei ragazzi. Il 17,7 per cento vorrebbe migliorarsi, quasi la metà invece farebbe volentieri uso della medicina estetica. Il 15,8 per cento delle ragazze e il 3,3 per cento dei maschi ne ha già usufruito, nel 12,6 per cento dei casi consigliati dai genitori. Spiega Emanuele Bartoletti, presidente della Sime: «Le più giovani chiedono soprattutto le labbra, ma se cominci a 18 anni a farti i filler devi intervenire ogni sei mesi». I costi del resto non sono proibitivi.

Per una fiala si va dai 120 ai 190 euro, ma i pericoli sono quelli di addentrarsi nel mercato del low cost, con prodotti già utilizzati e conservati male o di bassa qualità e centri medici che sembrano scantinati. E per spendere meno molti sono disposti a spostarsi in Turchia, in Albania o in Tunisia, nuove mete del ritocco al ribasso. «C’è il Far West nel mondo dell’estetica» denuncia il celebre chirurgo plastico milanese Paolo Santanchè. «Non c’è quasi più il filtro del medico che ti dà il consiglio giusto, si sceglie quello che ti vende qualsiasi cosa. Neolaureati che fanno i grandi medici, ambulatori che non hanno i necessari requisiti di sterilità. Gli interventi hanno un costo stabilito, ma se ne viene proposto uno molto più basso non pensiate siano benefattori, piuttosto vi stanno togliendo qualcosa».

Ma l’esercito dei selfie è inarrestabile. «È la sintesi perfetta dei nostri tempi. Dove basta postare una foto e aspettare i like per veder crescere l’autostima» osserva Flavia Piccinni scrittrice del libro-denuncia Bellissime (Fandango), viaggio dentro il mondo delle baby miss, giovani modelle e aspiranti lolite. «Una miss di sei anni mi ha detto: “I bambini brutti sono tristi”. Se cresci con l’idea che la bellezza è la cosa più importante della vita, allora la chirurgia estetica sembrerà la strada per la felicità». A colpi di bisturi.

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