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Genocidio degli Armeni: la Turchia continua a negare

Papa Francesco non ha usato mezzi termini ieri: il massacro degli armeni di cento anni fa, compiuto dall'impero ottomano allora sotto il governo dei "Giovani turchi", fu un vero "genocidio".
Ovviamente a Ankara non digeriscono. Come prevedibile il governo turco del presidente Erdogan ha reagito alle parole di Papa Francesco: "Non c'è stato nessun genocidio del popolo armeno nel 1915". Il peggior nazionalismo tribale di matrice novecentesca si esprime ancora senza nessun ritegno e vergogna da parte del governo turco.

Il primo genocidio del XX secolo
Bergoglio ha collegato "il primo genocidio del XX secolo" - mutuando così le parole di Giovanni Paolo II e del patriarca armeno Karekin II nella loro dichiarazione comune del settembre 2001 - con le altre due "grandi tragedie inaudite" del '900, "quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo".


Armin T. Wegner
La disperazione di un gruppo di profughi armeni in fuga dalla persecuzione turca.
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Esecuzione di massa di cittadini armeni a Costantinopoli dopo i tumulti del giugno 1915
A picture released by the Armenian Genocide Museum-Institute dated 1915 purportedly shows severed heads of Armenians killed by Turkish forces during the First World War. Armenians say up to 1.5 million of their forebears were killed in a 1915-16 genocide by Turkey's former Ottoman Empire. Turkey says 500,000 died and ascribes the toll to fighting and starvation during World War I. (Photo credit should read STR/AFP/Getty Images)
La popolazione armena durante uno dei rastrellamenti del 1915-16. Il governo Ottomano organizzò 25 campi di concentramento dove trovarono presto la morte gli Armeni catturati.
Linda Dorigo
Agosto 2013. Un bambino tra le rovine di Ani, in Turchia, l'antica capitale dell'Armenia divenuta attrazione turistica.
Mohammad Reza Domiri Ganji/Sony World Photography Awards 2015
"Kordasht bath" di Mohammad Reza Domiri Ganji (Iran). L'hammam di Kordasht, uno storico bagno pubblico persiano situato a Jolfa, vicino al confine tra Iran e Armenia. L'immagine è realizzata dall'unione di 16 scatti.
La lunga fila dei deportati armeni in una delle "marce della morte" verso i campi di concentramento.
Una delle molte pagine del New York Times dedicate alla denuncia delle atrocità contro le popolazioni armene di Turchia.
Un tratto della ferrovia per Baghdad, dove transitarono i convogli di deportati armeni.
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Adana: immagine del minareto dal quale i turchi spararono contro i cristiani Armeni.
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I resti dei prigionieri armeni affiorano dal terreno. Seyxialan, valle del Mush. 1915.
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La cittadina di Shushi, nella regione armena del Kabakh, rasa al suolo e incendiata dai Turchi.
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Manifesto del Near East Committe per la raccolta di fondi destinati alla popolazione armena.
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Rifugiati armeni in Grecia (Salonicco) organizzano un servizio di barbiere in strada.
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RIfugiati armeni in attesa di un lavoro a Van.
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Abitazioni per i rifugiati armeni costruite dagli americani del Near East Relief in Palestina.
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Una tragedia nella tragedia: una piccola armena muore di stenti a pochi passi da un centro di assistenza occidentale.

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Il sultano Abdul Hamid II nel 1901 a Costantinopoli. Fu il responsabile dei massacri del 1894-96, le prime esecuzioni di massa degli Armeni.
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Ritratto di un Armeno del Caucaso. Fotografia datata 1905.
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L'Impressionante massa di bambini orfani in un campo profughi della Croce Rossa.
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Una vedova del genocidio con i due figli Makarid e Nuvart.
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Bambini armeni sopravvissuti al massacro in un orfanotrofio.
Gli aiuti alla popolazione armena in partenza dalla Russia. 1915.
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Appello urgente del Near East Relief su un manifesto per la raccolta di aiuti umanitari.
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Monaci armeni e bambini di fianco al trono del re Senekerim-Hovhannes di Vaspurakan, presso il monastero di Varagavank a Van, Turchia. Circa 1885.
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Soldati dell'ex impero Ottomano guardano i teschi degli armeni sterminati nel 1915, durante la Prima guerra mondiale

E le sue parole, pronunciate nella solenne messa in San Pietro per il centenario del "martirio" armeno, irritano fortemente le autorità turche che, definendole "inaccettabili", convocano subito il nunzio apostolico per esprimere il loro "disappunto" e quindi richiamano il proprio ambasciatore presso la Santa Sede.

Nella grande liturgia nella basilica vaticana, alla presenza del presidente armeno Serzh Sarksyan, dei tre patriarchi Nerses Bedros XIX Tarmouni, Karekin II e Aram I, e di fedeli armeni provenienti da tutto il mondo, Bergoglio non ha usato mezzi termini né un eccesso di diplomazia per riferirsi al "grande male", il massacro del 1915-16 che fece un milione e mezzo di vittime.

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L'indifferenza generale davanti ai massacri
E nel suo saluto iniziale si è lasciato guidare dalla constatazione che anche oggi, nel tempo di quella che chiama "terza guerra mondiale 'a pezzi'", "assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione".
Ancora oggi "sentiamo il grido soffocato e trascurato" di tanti cristiani che "vengono pubblicamente e atrocemente uccisi - decapitati, crocifissi, bruciati vivi -, oppure costretti ad abbandonare la loro terra". Anche oggi "stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall'indifferenza generale e collettiva", dal "silenzio complice di Caino".

Ha quindi ricordato le "tre grandi tragedie inaudite" del '900: e la prima e' quella che "generalmente viene considerata 'il primo genocidio del XX secolo'", che ha colpito il popolo armeno, "prima nazione cristiana". A perpetrare le altre due, il nazismo e lo stalinismo. Altri "stermini di massa" sono poi seguiti (Cambogia, Ruanda, Burundi, Bosnia), al punto che "sembra che l'umanita' non riesca a cessare di versare sangue innocente", che "rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore": e così si continua a "eliminare i propri simili, con l'aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori". E proprio ricordare "l'immane e folle sterminio" del popolo armeno e' "necessario e doveroso", perche' cancellare la "memoria" significa "tenere ancora aperta la ferita" e lasciarla "sanguinare".

Cammino di riconciliazione
Il Papa, dopo la messa in cui è stato proclamato "dottore della Chiesa" l'armeno San Gregorio di Narek (951-1003), ha ulteriormente approfondito i concetti nel Messaggio agli armeni consegnato nella Cappella della Pietà al presidente Sarksyan e ai tre patriarchi ospiti. Nel quale, oltre alla condanna dell'"orribile massacro che fu un vero martirio del vostro popolo", "primo genocidio del XX secolo", e all'espressione della sua "forte vicinanza", ha aggiunto l'appello "che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco" e "che la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh", dove le tensioni contrappongono l'Armenia all'Azerbaigian.

Un appello alla distensione inascoltato, se è vero che subito dopo le parole del Papa sul "genocidio" armeno, il nunzio ad Ankara Antonio Lucibello è stato convocato dal Ministero degli Esteri per esprimere il "disappunto" e la protesta del governo turco.

L'ambasciatore turco richiamato
E nel pomeriggio la Turchia ha anche richiamato il proprio ambasciatore presso la Santa Sede, Mehmet Pacaci. In una nota il ministero degli Esteri ha scritto che il popolo turco non riconosce la dichiarazione del Pontefice, "che e' discutibile sotto tutti i punti di vista, che e' basata sul pregiudizio, che distorce la storia e che riconduce il dolore sofferto in Anatolia nelle particolari circostanze della Prima Guerra Mondiale ai membri di una sola religione".

E su Twitter, il ministro Mevlut Cavuysoglu ha definito "inaccettabili" le parole di Papa, "che non sono fondate su dati storici e legali".

Crisi fra Vaticano e Turchia, a quattro mesi dalla visita del Papa
Irritazione e delusione che segnano una crisi nei rapporti del Vaticano con Ankara, a distanza di poco più' di quattro mesi dalla visita del Papa in Turchia. Il Paese continua a negare strenuamente che quello del 1915-16 sia stato un genocidio e combatte una guerra diplomatica permanente - che ora investe anche la Santa Sede - per cercare di impedire che venga riconosciuto all'estero da un numero crescente di Stati.

Di tutt'altro avviso il presidente armeno Sarksyan, secondo cui "la nostra storia che ormai compie 100 anni sta dando i suoi frutti", ha detto all'ANSA. Prevedendo che le parole del Pontefice sarebbero risultate "spinose" per il governo e i leader di Ankara, il capo dello Stato si e' detto comunque convinto che esse "toccheranno le menti e i cuori di molti turchi, che avranno un'opportunità di riconsiderare il genocidio degli armeni e di liberarsi del peso della storia".

La versione della Turchia
Secondo la storia ufficiale turca, in Armenia ci furono violenze e uccisioni - e la cifra di 1,5 milioni di vittime sarebbe 'gonfiata' - dovute però alla prima guerra mondiale che fece anche molte vittime turche.
Innumerevoli volte la Turchia ha protestato, denunciato, minacciato, aperto crisi diplomatiche, adottato sanzioni su questa materia.

Il cambiamento di regime da laico kemalista a islamico erdoganiano non ha prodotto inversioni di rotta, nonostante l'anno scorso Recep Tayyip Erdogan - allora premier - avesse espresso le "condoglianze" della Turchia per la prima volta ai "nipoti" delle centinaia di migliaia di armeni sterminati dai 'giovani turchi'.

Qualcuno allora aveva ipotizzato un possibile riconoscimento del genocidio da parte del 'sultano' di Ankara per le celebrazioni del centenario, questo 24 aprile. La direzione sembra tutt'altra.

Un secolo di negazionismo nazionalista
La risposta a Papa Francesco conferma che la Turchia neo-ottomana di Erdogan dopo quella laica-nazionalista di Ataturk non intende uscire dal solco tracciato in un secolo di negazionismo nazionalista e di guerra diplomatica su tutti i fronti contro il riconoscimento del genocidio.

Le cruciali elezioni politiche turche del 7 giugno, che Erdogan spera portino all'instaurazione del regime super-presidenziale (democrazia controllata e limitata, sul modello russo di Putin) che vuole, certo non aiutano. I sondaggi indicano una fuga di voti dal suo partito islamico Akp verso i nazionalisti del Mhp.

E il presidente turco nel tentativo di tappare la falla si è irrigidito su tutte le grandi questioni nazionali: ha bloccato il processo di pace con i curdi, sfidato la "diaspora armena" a "portare i documenti" sul genocidio, accusandola di cercare di "suscitare odio contro la Turchia".

Con Erevan è in atto da settimane una guerriglia diplomatica in vista del 24 aprile. Per cercare di distrarre l'attenzione del mondo dalle commemorazioni di Erevan, accusa l'Armenia, Ankara ha anticipato di due giorni le celebrazioni dell' anniversario della battaglia dei Dardanelli del 1915, finora ricordata ogni anno il 25 aprile.

Quest'anno la Turchia celebrerà i 100 anni della vittoria sugli Alleati dal 23 al 25 aprile. E proprio il 24 Erdogan ha convocato un 'vertice per la pace' a Istanbul - per ora con scarso successo - invitando perfino il presidente armeno Serzh Sargsyan.

Che non l'ha presa bene. Sargsyan ha risposto al collega turco denunciando un "tentativo grossolano" di distrarre l'attenzione dalle commemorazioni di Erevan e ricordando che il genocidio armeno "ha aperto la strada all'Olocausto nazista e ai genocidi perpetrati poi in Ruanda, Cambogia, Darfur". La Turchia - ha tuonato - dovrebbe piuttosto avere il coraggio di ammettere il genocidio e liberarsi così di un "pesante fardello".

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