Gaza City: La storia di Abu Naim

Gianluca Panella /PARALLELOZERO

Abu Naim sulla sua barca: Sono passati quasi due mesi dall' ultima volta che è uscito in barca per pescare


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Shate camp, Gaza. I componenti della famiglia di Abu Naim passano la giornata in casa ascoltando la radio e i droni...


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Per la famiglia di Abu Naim il mare è la vita


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Shate camp, Gaza. La moglie di Abu Naim legge il corano nella stanza dedicata alle donne


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Shate camp, Gaza. Si esce solo una volta a settimana e sono i figli più giovani (come Khaled) che si recano a comprare i beni di cui hanno bisogno


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Shate camp, Gaza. Mamma Om Naim prepara la cena


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Shate camp, Gaza. Il figlio primogenito di Abu Naim prega prima di coricarsi


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Shate camp, Gaza. Momenti di vita quotidiana


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Shate Camp, Gaza. Per poter avere un po' di corrente elettrica e scaldare i cibi, si usa un generatore elettrico


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Shate camp, Gaza. Le donne passano la giornata con i figli e nipoti riposando e digiunando per il Ramadan.


La famiglia di Abu Naim ha una lunga tradizione di pesca alla sardina (praticata spesso in situazioni di pericolo estremo), ma da quando è scoppiata la guerra, Abu Naim trascorre quasi tutto il suo tempo in casa, a sentire le notizie alla radio, con la costante preoccupazione di salvarsi (insieme alla sua numerosa famiglia) in caso di bombardamento. Dalla casa-rifugio, ormai priva di infissi, si esce pochissimo e solo per procurarsi generi di prima necessità. Escono i più giovani, mentre le donne e i bambini restano al riparo. E pregano. Tristi scene di vita quotidiana nella Striscia di Gaza riprese dall' obiettivo di Gianluca Panella

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