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(Ansa)
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Una cosa è già morta in Ucraina: la famiglia

Cieli chiusi, allerta sistema di deterrenza nucleare.

Mentre consumiamo pranzo e cena dinnanzi alle tragiche immagini di una guerra vicina, ma percepita ancora lontana, gli avvocati dell’UBA (Ukrainian Bar Association) si affannano a cercare prove contro Putin, annunciando solenni che lui e i suoi sodali saranno presto processati per crimini di guerra.

Ma è lecito chiedersi se la giustizia potrà mai fare il suo corso oppure se, prima che si riesca a dare un senso a questa follia, il mondo intero venga affossato dallo scoppio della guerra nucleare.

E in attesa che tutto si compia l’Ucraina, sotto le bombe, fa i conti anche con gli stupri perpetrati dai soldati russi sulle donne, in un’escalation di orrore difficile persino da immaginare.

Ma anche nelle storie più nere dell’umanità, una scintilla di bene riesce a fare capolino. Il 24 febbraio scorso, al momento dell’invasione russa, il marito di Irina (nome di fantasia) annuncia alla moglie, 31 anni, incinta di nove mesi: "Io vado in guerra, ma voi dovete andare verso la pace".

Dopo un viaggio allucinante, con la primogenita di 8 anni, Irina approda in Italia e, all’ospedale di Rho, alle porte di Milano, dà alla luce Nicole.

Gli occhi di Irina tradiscono la gioia per il lieto evento e il fatto di essere al sicuro ma, al contempo, vengono velati da un oceano di ansia e struggimento per il marito (che ha potuto vedere la figlia solo in foto), la cui vita è legata al sottile filo del fato.

Irina è una delle migliaia, milioni di donne ucraine costrette a testare gli effetti di una separazione imposta dagli orrori del conflitto.

Le immagini degli uomini al fronte rimandano al Secolo breve, alle famiglie spezzate da quell’ancestrale destino che obbliga gli uomini - in caso di conflitto bellico - a imbracciare le armi per difendere il loro paese, mentre donne, anziani e bambini debbono preoccuparsi di sopravvivere e mettersi in salvo, garantendo la propagazione della specie.

In Ucraina oggi è in corso una frantumazione totale dei nuclei familiari, una frammentazione fisica, una separazione obbligata che potrebbe indurci a sviluppare ragionamenti sulle priorità cui attribuiamo rilievo.

Nella comodità dei nostri salotti, in quella pace apparente garantita dalle costituzioni post-belliche, abbiamo dimenticato le esperienze tragiche dei nostri avi e ci siamo auto-centrati sui nostri obiettivi, bisogni, necessità, rendendoci noi stessi responsabili - nel mondo occidentale intendo - della deflagrazione del concetto di famiglia.

Quanto più si è sviluppato il benessere, tanto più sono aumentate separazioni e divorzi, spesso cagionate da motivi futili, egoismi, gelosie, fastidi elevati a insormontabili ostacoli.

A non molti chilometri da noi oggi un popolo sta sperimentando sulla propria pelle la pochezza di queste dinamiche, trovandosi di colpo scissa, gli uomini dalle donne, per eventi indipendenti dalle loro volontà.

Illusi del fatto che la guerra fosse un ricordo lontano e irripetibile, oggi siamo al cospetto di un evento che ci deve mettere in condizione di riflettere sui legami che abbiamo costruito o che ci sono stati attribuiti per nascita e della facilità con cui, da un momento all’altro, ci possono essere strappati.

L’Ucraina, terra di mezzo, lotta per la sua indipendenza e sovranità, ma in gioco c’è molto di più: la conquista dei cuori e delle menti di tutti noi nel rispetto di una libertà che ci viene spesso tolta, come la storia ci insegna.

info: missagliadevellis.com

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