Facebook, le foto di nudo contro il revenge porn

Sembra un paradosso, un controsenso: Facebook ha bisogno delle foto osé di ragazze e ragazzi, uomini e donne per combattere il revenge porn.

Si tratta del fenomeno, di cui non si parla così spesso ma sempre molto attuale, con il quale una persona si vendica dell’ex pubblicando online i suoi scatti più intimi, catturati con lo smartphone in momenti di estrema confidenza.

Perché condividere con Facebook

A maggior ragione, perché chi si sente minacciato da tale azione dovrebbe dare al social network immagini così private? Il motivo è presto detto: una volta ottenute, il team di sicurezza di Facebook le segnerà con un’etichetta digitale perenne, una specie di filigrana, in gergo metatag, che impedirà alla foto di essere caricata a corredo di post, un errore voluto atto a prevenire la diffusione in lungo e in largo sulla piattaforma 2.0.

Post bloccati

E se si usasse uno stratagemma, ad esempio salvare uno screenshot della foto aperta come file sul computer? In quel caso l’intelligenza artificiale di Facebook dovrebbe essere in grado di individuare comunque il tentativo di posting, bloccandolo sul nascere.

Si parte dall’Australia

L’iniziativa parte dall’Australia, dove è già attiva in via sperimentale e vede la necessaria collaborazione del governo, da tempo impegnato a contrastare le conseguenze, spesso irrimediabili, del revenge porn. Non è un caso se Zuckerberg abbia deciso di partire proprio da qua: stando ad alcuni dati, il 20% degli australiani tra i 16 ed i 49 anni ha subito questo tipo di abusi, in modo particolare le donne tra i 18 e i 24 anni.

Rete più pulita

Se l’iniziativa assume un significato importante per impedire che gli scatti si diffondano a macchia d’olio sulla piazza virtuale più frequentata, anche la condivisione al di fuori di questa potrebbe subire un forte rallentamento.

L’impronta affibbiata da Facebook a ogni file darebbe la possibilità di rintracciare la sua presenza ovunque in rete, così da velocizzare e automatizzare il processo di richiesta di rimozione, sia al proprietario del sito (forum, portali tematici, ecc.) che dei motori di ricerca, Google in primis. L’algoritmo perfezionato dalla compagnia americana, una volta riconosciuta l’immagine invierebbe infatti una notifica a un addetto alla sicurezza, che a quel punto si attiverebbe per chiederne l’eliminazione.

La privacy

Vada per il valido fine che vi è alla base, ma queste foto inviate dagli iscritti via Messenger (pare che l’unico modo sia questo) dove vengono conservate? Ed è certo che i dipendenti di Facebook non le usino a loro volta?

Il commissario Julie Inman Grant dell’ufficio e-Safety del governo, che si occupa della protezione dei cittadini digitali, ha spiegato: “Nessuno memorizzerà le immagini, la stessa Facebook terrà solo l’impronta telematica per analizzare eventuali corrispondenze dentro il sito e all’esterno”.

Solo primo passo

Come accaduto già nel caso delle fake news, questo è solo un tentativo per combattere il revenge porn, di certo non quello definitivo. I dubbi in merito non mancano: se un utente non avesse l’accortezza di cancellare (non archiviare ma proprio eliminare) la chat con il team di Facebook, chiunque con un accesso allo smartphone o al computer potrebbe avere accesso alle foto inviate, creando più problemi che vantaggi.

Tuttavia un passo importante è statofatto nella direzione giusta, dove la tecnologia e le capacità umane si integrano per un fine comune: proteggere la riservatezza dei soggetti indifesi, vittime di un vero e proprio crimine.

Per saperne di più

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