Eurogruppo, la delusione del vertice mancato

L’Eurogruppo delude. Ma non per questo va penalizzato. Anzi, andrebbe rafforzato per meglio governare le politiche finanziarie dell’Unione Europea. E’ la proposta dell’economista Alberto Quadrio Curzio. Visto l'andamento dei mercati e dello spread c'era molta attesa per la riunione dei ministri dell’economia e delle finanze degli Stati dell’Eurozona (17 su 27) di venerdì 20 luglio. Ma sarà solo una conference call con all'ordine del giorno la chiusura formale del piano di aiuti alla Spagna.

Un po’ una delusione, professore. Che cosa sta succedendo all’Eurogruppo?

Sono due le intepretazioni prevalenti. Secondo la prima il depotenziamento sarebbe legato alle rettifiche chieste dalla Germania dopo i vertici di fine giugno e inizio luglio e al rilassamento seguito alla decisione della Corte costituzionale tedesca di rinviare a settembre la decisione sul fondo di salvataggio (Esm).
La seconda ipotesi, più incoraggiante, ricorda che il benestare dell’Eurogruppo al memorandum d’intesa per l’assistenza alle banche spagnole è un passaggio tecnico che può essere risolto anche via telefono per mettere la Bce in condizione di operare.

E secondo lei qual è la più corretta?

Io ritengo che entrambe le ipotesi siano valide, con una variante: l’Eurogruppo è pronto ad affrontare un peggioramento della situazione che giustifichi interventi straordinari a favore di Spagna e Italia, prima del pronunciamento della Corte tedesca. E questo potrebbe accadere entro fine luglio.

Si può parlare di occasione mancata?

Sì, nel senso che dopo i vertici di fine giugno e inizio luglio ci si poteva aspettare una maggiore coerenza decisionale e tempi più certi. E invece ancora una volta si preferisce il rinvio, che è giustificato ma resta pericoloso.

Perché continua a prevalere la politica dei rinvii?

In questi anni di crisi l’Eurogruppo ha vissuto due modalità operative: in alcuni casi è stato molto innovativo e veloce. Per esempio, quando nel maggio 2010 è stato deciso e varato il fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf), il cosiddetto "fondo salvastati". In poco tempo ha fatto partire una società di diritto lussemburghese.
Dopo non è stato capace o non ha voluto incalzare gli organi della società. Così il fondo ha cominciato a operare solo dopo sei mesi, a inizio 2011, con molta calma. Non ha fatto quella provvista sul mercato che poteva essere una buona riserva in caso di interventi straordinari al di là di quelli programmati su Grecia, Irlanda e Portogallo. L’Eurogruppo soffre di un andamento altalenante.

Rischia di diventare un "ente inutile"?

No, anzi. Va difeso e potenziato. I fondo l'Ecofin, l'organo composto dai ministri delle finanze dell'eurozona, altro non fa che ratificare le decisioni dell’Eurogruppo che, in questa situazione di crisi, ha assunto una rilevanza maggiore di prima.

E come andrebbe potenziato per renderlo più "efficiente" e produttivo?

Intanto con un presidente che non sia un ministro in carica in un governo dell’Eurozona ma una personalità dedicata che lavori come superministro dell'economia europea. La seconda cosa da fare è dare la presidenza del Fondo permanente europeo (Esm) al presidente dell’Eurogruppo, che ne ricaverebbe una bella forza potendo contare su uno strumento formidabile e operativo.

Perché ora non ne può usufruire?

No, adesso l’Eurogruppo prescrive ma non può andare oltre.

Sarebbe una mezza rivoluzione…

No, gli statuti non escludono questa soluzione. E mi domando se la proroga dell'incarico di Jean-Claude Juncker (attuale presidente che lascerà a inizio 2013) appena decisa non sia legata anche a un progetto di revisione della governance dell’Eurogruppo. Io mi auguro che sia così.

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