Super euro: cosa significa per imprese, consumatori e risparmiatori

Nonostante l'economia USA se la cavi meglio rispetto a quella europea, la corsa della divisa comune negli ultimi otto mesi non si è affatto arrestata: nella prima settimana di ottobre l’euro ha toccato il picco massimo dopo otto mesi portandosi a quota 1,36 rispetto al dollaro.

E secondo alcuni esperti non è scontato che l’asticella si sposti ancora più in alto: a 1,37 - 1,40. Una soglia "dolorosa", soprattutto per l’Italia.

Ma cosa significa per il nostro Paese avere una moneta così forte? Per capirlo, dovremmo provare a guardare questa corsa non solo con gli occhi da cittadini e risparmiatori, ma anche con quelli da imprenditore.

Partiamo, anzitutto, dalla causa: a tenere il dollaro debole, che favorisce l’economia USA, è stata la Fed che ha annunciato le sue intenzioni di non ridurre, per il momento, il programma di stimolo monetario.

La banca centrale americana, insomma, continua a comprare i titoli di stato e a tenere bassi i tassi di interesse: semplificando, è la "droga" che permette ancora alle aziende made in USA di riprendersi e continuare a correre a livello globale a scapito degli altri (leggi Europa).

E da noi? Un dollaro svalutato e un euro forte può spingere in alto, per esempio, il prezzo del petrolio (quotato in dollari) e a cascata, in un Paese importatore di materie prime come l'Italia, quello della benzina e degli altri derivati petroliferi, su cui già grava un fisco vorace.

Sorridono, invece, solo i più fortunati, ossia i più ricchi: con un dollaro debole, possono permettersi viaggi, alberghi, ristoranti e shopping negli USA a prezzi più convenienti.

Se invece indossassimo la casacca da imprenditore, vorremmo tutto fuorché un euro a 1,35.

In un'economia che non cresce (e quando lo fa, a percentuali bassissime), la moneta unica non dovrebbe allontanarsi dalla quota 1,15 - 1,20.

Perché? Sopra questa soglia, dicono gli esperti, i nostri prodotti risultano più cari e faticano a imporsi Oltreoceano e nelle economie legate al biglietto verde.

Certo, ciò sarebbe un danno minore, se ci trovassimo in un periodo di forte ripresa dei consumi interni. Ma il caso vuole che le aziende oggi puntino proprio sulle esportazioni per tornare a crescere, visto che gli italiani spendono sempre meno.

E come investitori, infine, cosa dovremmo fare: puntare sul dollaro o sulla divisa europea? Nonostante la corsa, c'è chi continua a credere in una ripresa del biglietto verde nel medio termine.

Il motivo, come ha scritto nell’ultima newsletter Alessandro Fugnoli, esperto di investimenti di Kairos Partners, un gestore di fondi comuni basato a Milano, è che la distanza tra USA ed Europa, in termini di crescita, rimarrà invariata nei prossimi mesi.

Ed è difficile credere "a una ripresa duratura dei consumi interni" nel Vecchio Continente, aggiunge, visto che un divisa comune troppo forte non aiuta di certo le esportazioni.

Ma attenzione a quando e come investire: la forza dell'euro, nonostante tutto, continuerà ancora per qualche tempo, considerando che "anche sul cambio, in Europa, si fa quello che vuole la Germania e i tedeschi hanno la tendenza, quando le cose vanno bene, ad allargarsi un po' e a compiacersi della forza della loro valuta".

Insomma, non solo il futuro delle imprese, ma anche il nostro portafoglio è nelle mani della Merkel.

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