Enrico Bondi e i 10 miliardi di spese in più. Con sorpresa: il sud è più efficiente del nord

Preparate i pallottolieri. La resa dei conti preannunciata per settembre dall’austero Enrico Bondi, commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa pubblica, sarà una guerra di numeri tra cui naufragar è possibile ma per niente dolce. Le schermaglie tra governo ed enti locali sono già cominciate. E non mancano le sorprese. Bondi ha trovato 10 miliardi di “eccessi di spesa” tra Regioni (2,4), Province (2,3) e grandi comuni (4,6). Da lì dovrebbe cominciare la potatura con l’uso di un attrezzo semplice ma rivoluzionario, il costo standard. Una siringa deve costare la stessa cifra a Torino, a Roma, a Palermo. L’affondo di Bondi ha già provocato un’alzata di scudi dei Comuni: a settembre molti potrebbero chiudere bottega, cioè non offrire più alcuni servizi ai cittadini.

Il dossier pesa e scotta anche perché, si sa, la statistica offre spesso una visione della realtà imprevedibile. O distorta. Bondi, nella sua relazione alla Camera, precisa che l’analisi non entra nel merito delle scelte ma individua solo le spese sopra la media. Appunto, gli eccessi emersi sulla base di tre diversi sistemi di riferimento (il Sistema Informativo sulle Operazioni degli Enti Pubblici, l’Istat, i dati del Sose, Soluzioni per il sistema economico). Si scopre così che, almeno statisticamente,  sul fronte delle Regioni (complessivamente “sprecano” 2470 milioni di euro) Nord e Sud si equivalgono (1.005 milioni contro 1.078,5). I comuni eccedono molto di più: 4607 milioni di spese sopra la media, con i municipi del Nord a primeggiare in quanto a generosità: 2004 milioni.

Sud e Isole non arrivano neanche a mille milioni (935). È il capovolgimento del luogo comune sul Mezzogiorno scialaquatore. Un esempio paradossale della finzione statistica: il comune di Milano avrebbe una spesa 15 volte più inefficiente della Regione Campania. Cosa poco probabile, anche perché ma manca la verifica sulla quantità e la qualità dei servizi erogati e dell’efficienza con cui vengono erogati.

Ovviamente i comuni non ci stanno. "Il patto di stabilità non è più onorabile, perché si fonda su entrate e spese, ma oggi le entrate non ci sono più". È la minaccia del sindaco di Reggio Emila Graziano Delrio, presidente dell’Anci, l’associazione dei comuni italiani. Insomma, stando così le cose, le amministrazioni comunali non sarebbero più in grado di rispettare i vincoli di finanza pubblica, facendo saltare il bilancio dello Stato in buona parte fondato sui conti degli enti locali. La battaglia è solo agli inizi.

I comuni sostengono che le entrate dell’Imu sono state inferiori alle previsioni e che i trasferimenti dello Stato sono cronicamente in ritardo. Districarsi tra ragioni, numeri e questioni teniche non è facile. Di certo  rivedere la spesa pubblica non è operazione semplice e indolore. Ma già avere un quadro di riferimento attendibile e condiviso sarebbe un bel passo avanti. Ben venga quindi l’iniziativa dell’Associazione Italiana degli Analisti Finanziari, che ha deciso di istituire un Osservatorio sui conti pubblici. Soprattutto perché contiene una premessa positiva: "il quadro macroeconomico che emerge dal contesto generale è meno grave di quanto possa apparire". Se lo dicono gli analisti finanziari….

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