Prime contestazioni al segretario. È «l'effetto Pd» sulla Schlein

La botta è stata pesante. Il colpo dell’ennesima batosta elettorale dei ballottaggi di ieri ha colpito a freddo il partito Democratico, anzi. Ha colpito soprattutto Elly Schlein.

Da ieri sera, dalla fine dello spoglio che hanno visto il centrodestra trionfare ovunque tranne che a Vicenza, dove il candidato (poco appoggiato dai dirigenti nazionali) ha chiesto espressamente al neo segretario di evitare passerelle nella città veneta, la voce delle correnti avverse alla direzione del Pd sono tornate forti a farsi sentire, e non solo loro.

Nelle chat e nelle confidenze si legge e sente di tutto. Chi è ancora vicino alla Schlein si difende spiegando che «avremmo perso comunque», ricordando che «pochi mesi fa alle politiche abbiamo preso una batosta sonora con quell’altro (leggasi Enrico Letta ndr)…». ma c’è ancora chi usa la carta del «è troppo presto per vedere gli effetti del suo lavoro. L’appuntamento è per le europee». Su tutti poi, Boccia, che, senza mezzi termini, ha spiegato che candidati e liste erano frutto della segreteria precedente... (ed i lettiani l'hanno presa malissimo)

Ma sono molto più dure e profonde le critiche di chi, anche nei giorni delle primarie, era contro, era dalla parte di Bonaccini. «È’ inadeguata, si vede. Non ci sa fare; non ne ha azzeccata una..». «Era meglio Bonaccini - scrive un altro - lo avevamo capito dentro il partito ed infatti la maggioranza era con Stefano. Certo, se poi alle primarie vota chiunque, questo è il risultato…». Ma alcuni vanno oltre la questione personale e segnalano problemi politici, di linea, di idea, di struttura: «il problema non è la Schlein ma tutti quelli vecchi del partito che ci sono ancora ed andrebbero invece fatti fuori». Insomma, siamo alla seconda rottamazione dopo quella di Matteo Renzi. Altri criticano proprio la linea politica: «Non ho capito se siamo davvero a favore delle armi in Ucraina. Mi sembra che lei (la Schlein ndr) non lo sia ma non abbia il coraggio di dirlo. Poi basta parlare di diritti LGBTQ, di madri surrogate, di cose che sono lontane dalle gente. Così la Meloni ha gioco facile».

Un vero e proprio tiro al bersaglio che ha portato il segretario a cancellare il viaggio previsto a Bruxelles per restare dentro le mura del Nazareno ad analizzare la situazione e forse a presidiare il timone della barca che naviga in acque agitatissime. Anche perché persino dagli alleati, o presunti tali, arrivano oggi cannonate. Giuseppe Conte, pur essendo di fatto sparito con il M5S dalle amministrative, ha colto al volo le difficoltà dei dem ed oggi ha fatto conoscere la sua ricetta: «Non servono capi larghi contro la destra».

Insomma. Il Partito Democratico è in piena crisi ed oggi non si vede via d’uscita, soprattutto non la si vede in tempi brevi.

Sono in tanti a sostenere che anche alle elezioni europee tra 12 mesi sarà difficile ribaltare la situazione e si chiedono tempi ancora più lunghi. Anche perché, come spiega una parlamentare, non è solo una questione interna al Partito Democratico, «è la gente di sinistra, il mondo culturale e giornalistico che le ruota attorno a sbagliare ogni mossa». Ancora ieri era facile trovare articoli in cui si rilanciava l’allarme fascismo legato agli addii alla rai di Fazio, Annunziata e Littizzetto.

Forse attaccarsi alla difesa di grandi professionisti che fuori dalla tv di Stato hanno trovato contratti e quattrini altrove (come giusto che sia), agitare spettri di regimi che non esistono, non paga; non ha pagato nelle scorse politiche, non ha pagato nelle amministrative. E, soprattutto, il vero problema della sinistra è che la destra sta facendo bene al governo, sul piano economico (lo dicono i dati) e sullo scacchiere internazionale (lo dicono i leader ed i giornali esteri). Alla fine forse è tutto molto semplice: Giorgia Meloni è molto meglio di Elly Schlein. Punto. E qualcuno comincia ad ammetterlo a denti stretti anche al Nazareno

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