Elezioni 2013, cosa sono i cds

Allerta sull'Italia. In sintesi è questo quello che la speculazione sta gridando sui mercati di tutta Europa . Perché l'ingovernabilità è davvero una brutta bestia. Fa il paio con l'incertezza. E ai mercati non piace. Decisamente no.

In finanza uno dei tanti indicatori di questa incertezza è la quotazione dei cds, ovvero i credit default swap, in pratica dei titoli che vengono acquistati per coprirsi dal rischio di fallimento di un Paese o di una società. Si tratta di contratti derivati che funzionano come polizze  assicurative. Pagando un premio in cambio della copertura di quanto  investito. Se il loro prezzo sale, allora vuol dire che il rischio aumenta. Ecco, è esattamente quello che sta accadendo tra ieri e soprattutto oggi sul mercato italiano. I credit default swaps sull'Italia a cinque anni, sulla scia dell'esito elettorale e stando ai dati diffusi da Bloomberg, sono saliti di 43 punti base a quota 293 punti, segnando il rialzo più forte da dicembre del 2011. Cosa significa? Che oggi si pagano 293.000 dollari l'anno per l'acquisto di 10 milioni di dollari di protezione contro un fallimento dell'Italia. Ieri se ne pagavano 250 mila. Tanto per capire: gli stessi titoli sulla Germania quotano 43 punti.

Brutto segno: dato che, appunto, il punteggio dei cds viene assegnato in base al livello di rischio del Paese, più è alto il voto più il rischio di andare a gambe all’aria è concreto. Nel 2011 i Cds erano a quota 500 punti base (molto più alti, di certo, rispetto a quelli attuali) quando quelli sulla Germania erano a 100 punti.

Ma come funzionano questi strumenti finanziari? In caso di fallimento chi ha venduto i cds risarcirà il danno restituendo all’investitore il capitale intero. E fino a qui tutto apposto. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia. I cds sono amatissimi dagli speculatori: danno loro la possibilità di scommettere sulle probabilità di insolvenza di Stati e società. Alimentando in questo modo la volatilità delle singole quotazioni. E ancora: i cds fanno parte della grande famiglia degli swap (titoli che prevono uno scambio con altri titoli) e come quelli sono scambiati sui mercati non regolamentati (i cosiddetti “over the counter”). C’è poca trasparenza, insomma. Non è un caso se a Bruxelles si sta facendo avanti l’idea di trasferirli su piattaforme regolamentate. Quando? Non si sa. Ma il progetto c’è e si chiama Emir (European Market Instrastructure Regulation ).

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