© Heirs of Josephine Hopper / 2019, ProLitteris, Zurich
Foto: © 2019. Photo Art Resource / Scala, Florence
Lifestyle
January 28 2020
© Heirs of Josephine Hopper / 2019, ProLitteris, Zurich
Foto: © 2019. Photo Art Resource / Scala, Florence
Le sue opere mettono malinconia e infondono un senso di solitudine eppure sono così magneticamente attraenti da fissarsi nella mente di oguno.
E' difficile che qualcuno non riconosca il suo tratto limpido e geometrico di Edward Hopper e la sua cifra stilistica di narratore estatico della quotidinità della provincia americana. Ovvero quell'estetica che ha fortemente influenzato non solo la pittura ma anche la cultura popolare, la fotografia e il cinema.
Nato a a Nyack, New York, nel 1882, Hopper è oggi ritenuto, non a caso, il maggior artista del Novecento. Alle sue opere, dipinte tra gli anni '20 e gli anni '60, è dedicata una ricca personale alla Fondazione Beyeler di Basilea (fino al 17 maggio) che allinea iconici paesaggi a olio e una selezione di acquerelli e disegni.
Dopo essersi formato come illustratore, seguì fino al 1906 corsi di pittura presso la New York School of Art. Studioso di letteratura tedesca, francese e russa, da giovane Hopper guardò specialmente a pittori come Diego Velázquez, Francisco de Goya, Gustave Courbet ed Édouard Manet, che diventarono per lui autorevoli referenti. Dei maestri dai quali partire per arrivare poi a una poetica del tutto personale e fortemente riconoscibile a partire dalla propensione per gli effetti cromatici e dal suo virtuosismo nel rappresentare luci e ombre.
In mostra, alla Fondation Beyeler, ci sono tutti i suoi capolavori da Cape Cod Morning del 1950 che ritrae una donna intenta a guardare fuori da un bovindo, il viso illuminato dal sole, mentre vede qualcosa che lo spettatore non può scorgere perché esterno allo spazio pittorico, ai Nottambuli del 1942, una delle opere più famose, con i suoi quattro personaggi silenzioni all'interno di un bar.
Ad arricchire l'esposizione, c'è anche un cortometraggio del regista tedesco Wim Wenders in 3D dal titolo «Two or Three Things I Know about Edward Hopper», proiettato in una sala apposita. Il film è un omaggio di Wenders a Edward Hopper: il regista ha viaggiato attraverso l'America alla ricerca dello "Hopper Spirit" ovvero di quella poetica sospesa che ha trasformato l'amore per l'America di Hopper in quadri di rarefatta bellezza.