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È nato un nuovo Beppe Grillo

Grillo, atto II. Da comico a politico. Da capopolo a candidato al governo. Una sorpresa, ma neanche troppo. Il leader di Cinquestelle indossa altri panni, quelli del segretario di un partito politico che ha già qualche sindaco e è accreditato di quasi il 20 per cento nei sondaggi elettorali. Un partito orizzontale, nuovo, rivoluzionario. Quello che gli italiani vogliono, o che Grillo vuole. Comunque un partito nella definizione classica di Weber, che calza a puntino al Movimento 5 Stelle (M5S): “Un’associazione rivolta a un fine deliberato, sia esso ‘oggettivo’ come l’attuazione di un programma avente scopi materiali o ideali, sia ‘personale’, cioè diretto a ottenere benefici, potenza e pertanto onore per i capi e seguaci, oppure rivolto a tutti questi scopi insieme”. Grillo porta a compimento la metamorfosi a modo suo, senza rompere con la propria immagine lieve e implacabile al tempo stesso, e con lo spirito di fondo del movimento: nascita dal basso, uso della rete, pulizia e ecologia, lotta alle degenerazioni partitocratiche. Una politica tutta orizzontale. Da bravo comico percepisce, visceralmente ma anche con un certo genio politico, gli umori cangianti della platea. E si adatta. Per dirla con Berlusconi, si fa concavo o convesso a seconda che la situazione sia convessa o concava. E il suo blog, la gioiosa macchina da guerra virtuale e ora anche reale, lo segue o precede. Lo accompagna. La trasformazione si colora di ironia, carta vincente del grillismo allegramente distruttivo.

“Ora mi tocca diventare moderato, sennò questi partiti spariscono troppo rapidamente”, dice all’intervistatore d’eccezione Marco Travaglio per “Il Fatto Quotidiano”. “Io faccio di tutto per rallentare, mi invento qualche cazzata per dargli un po’ di ossigeno, ma non c’è niente da fare”. I partiti affogano. Il nuovo Parlamento invaso dai grillini se lo immagina “pieno di rappresentanti di tante liste civiche, movimenti di gente perbene. Ragazzi, professori, esperti. I nostri di Cinquestelle, i no-Tav, quelli dell’acqua pubblica, dei beni comuni, gli altri referendari. Mi sa che, almeno per questo giro, qualche avanzo travestito dei vecchi partiti ce lo ciucciamo ancora”. Liquida i tentativi d’imitazione. “S’illudono di copiarci: mettiamo un Saviano qui, un Passera là. Partono dall’alto, non capiscono che noi abbiamo fatto l’esatto contrario”. E ha ragione. “Siamo partiti dal basso e da lontano. Io ho cominciato vent’anni fa”. Lui non si candida, no. Ma se l’M5S supera anche il Pd, il capo dello Stato deve convocarlo, il premier può benissimo essere un non parlamentare. “Allora ci vado solo per vedere la faccia che fa Napolitano quando gli dico: ‘Presidente, stavolta l’ha sentito il boom?’”. No, ribadisce Grillo, io nel Palazzo non entro. Troppa la fatica di governare, anche se spiega: “Voglio restare un battitore libero, ma troveremo persone competenti e oneste per fare il premier e i ministri”. Ci vorrebbe un programma, sì. Beppe ammette che la dimensione locale è tagliata su misura per Cinquestelle, ma non si possono mica deludere le aspettative di tanta gente. E allora, vai con il programma nazionale. “Per le politiche dovremo cambiarlo, rimpolparlo, ampliarlo, dopo averlo discusso in rete. Cambieremo anche il blog”. Non l’organizzazione, però. “Siamo un movimento orizzontale, se ti sviluppi in verticale diventi un partito”.

Furbo, Grillo: il partito orizzontale è il sogno di ogni leader. Nessun rivale. Nessun quadro. Nessun colonnello. Solo un popolo in rete e il suo vate. Poi ci sono da fare le alleanze, nulla toglie che di fronte all’“ammucchiata” anti-Grillo i Cinquestelle siano l’unica opposizione con quel che resta di Di Pietro. I candidati dovranno essere non condannati, non riciclati, con non più di un mandato elettivo alle spalle. I ministri, competenti nelle loro materie. La Costituzione “la cambieremo, se gli italiani vorranno”, per ancorare una nuova legge elettorale alla Carta fondamentale (idea in effetti suggestiva), per evitare che ogni maggioranza se la ridisegni su misura, e poi ampliando le forme di democrazia diretta tipo i referendum propositivi sul modello svizzero. Quanto all’Euro e alla possibile uscita dell’Italia, nessun tabù. “Non ho soluzioni in tasca bell’e pronte”.

I Cinquestelle sono di destra o sinistra? “Etichette preistoriche”, dice Grillo riecheggiando il Berlusconi dell’“oltre la destra e la sinistra” (ma pur sempre anti-comunista). Infine l’economia, intesa come risparmio e reinvestimento: “Il Tav Torino-Lione non serve, via: si risparmiano 20 miliardi. I cacciabombardieri non servono, via, si risparmiano 15 miliardi. Le province non servono, via: altri miliardi risparmiati. Le pensioni non devono superare i 3mila euro netti al mese, tanto se guadagnavi milioni qualcosa da parte avrai messo, no? Altro che spending review”.

Peccato che i buoni propositi cozzino con la realtà di un’esperienza, per esempio quella di Pizzarotti a Parma, partita malissimo, come nota proprio Travaglio: “Prima quell’idea di mandare i rifiuti a bruciare in Olanda perché tanto, se i bambini olandesi si beccano il cancro, ‘non sono io che governo in Olanda’. E la giunta non c’è ancora”. Grillo si fa concavo, cioè tollerante. Si deve capire l’esperienza, dice. Nessuno nasce perfetto. Sì, la comicità intelligente fa paura. Con le battute e i sogni non si governa. E fa ancora più spavento, Grillo, adesso che mostra di voler giocare sul serio a fare il politico. Da professionista qual è.

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