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Dopo la scissione del PD: le 4 incognite

La scissione nel PD è ormai data per certa.

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La prima questione da trattare appena la separazione verrà formalizzata è quella della divisione dei gruppi parlamentari. Secondo Il Corriere della Sera, sulla carta alla Camera dovrebbero uscire dal Pd in 40-47 mentre al Senato in 20. Repubblica sta più bassa: 38 deputati dalla somma di 22 bersaniani sicuri e i 16 ex di Sinistra italiana legati ad Arturo Scotto e 12, 15 senatori. “Ci sarà, a quanto mi risulta, un gruppo formato da chi esce dal Pd e chi esce da Sinistra Italiana, ma sosterrà il governo Gentiloni", l'annuncio del governatore toscano Enrico Rossi.

Per quanto riguarda invece il fronte congressuale che si è aperto ufficialmente ieri, schierato al momento è solo Matteo Renzi. Andrea Orlando, che dovrebbe essere il nome del candidato della sinistra, ieri ha affermato che se fosse stato certo che con la sua candidatura si sarebbe potuta evitare la scissione, l'avrebbe già ufficializzata. Probabilmente lo dovrà fare comunque. C'è un pezzo di popolo dem che non intende seguire Bersani fuori dal Pd ma che oggi si sente in qualche modo orfano di una rappresentanza interna. Questo pezzo di popolo guarda al ministro della Giustizia come alla figura in grado di colmare il vuoto lasciato dagli scissionisti.

La data della consultazione popolare (votano anche i non iscritti) dovrebbe essere fissata tra il 7 e il 14 maggio. Prima delle elezioni amministrative. Su questo Renzi non intende trattare più con nessuno. E' arrivato alla resa finale proprio per non rimandare i tempi della conta nei gazebo. Gli altri avrebbero voluto aspettare almeno ottobre. Per logorarlo, ne è convinto, e addossargli la colpa di un'eventuale quanto probabile delusione nelle urne a giugno quando si eleggeranno i nuovi sindaci di molti comuni italiani tra cui Palermo, Genova, Taranto.

Infine le politiche. In autunno, secondo i desiderata di Matteo Renzi che ieri, con accanto Paolo Gentiloni, ha ribadito l'appoggio suo e del Pd al premier e al suo governo. Chissà, probabilmente si arriverà invece alla scadenza naturale della legislatura. Sicuramente è tramontata l'opzione di giugno: per chiudere sulla legge elettorale in tempo per afferrare quella finestra, il testo dovrebbe arrivare in Aula questa settimana. Ed è praticamente impossibile che ci si riesca.

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