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Il discorso "neodemocristiano" di Renzi

“Il discorso non è granché ma almeno stavolta Renzi non ha fatto il bullo. È stato più serio e non ha pronunciato neppure una volta la parola gufi. Ma per il resto non c’era granché, lui ha abbassato la cresta perché ora è preoccupato. Ma la sua forza deriva sempre dalla debolezza del quadro politico complessivo”. Così commenta sotto anonimato un deputato pd il discorso del premier sui mille giorni. Che non sia più tempo di battute lo conferma anche l’atteggiamento di Renzi con la stampa. Cravatta lillà, in mano una cartellina sulla  quale  spicca  il libro “La libertà è un colpo di tacco” dello scrittore toscano Riccardo Lorenzetti, sul fantastico campionato di calcio brasiliano del 1982 che dette una spallata al regime militare, un Matteo

Renzi, più affabile del solito, per la prima volta si concede ai cronisti a un passo dal Transatlantico, nel corridoio appena fuori dell’aula. Prima scherza, parafrasando i Cinquestelle: “Oh che ci fate qui’”. Risposta: “Presidente fa come Grillo? E lui: “Sì, ma io non posso andare in Transatlantico, non sono parlamentare...”. Ride. Sa bene che in quanto presidente del Consiglio lui può andare dove gli pare. Ma è ovviamente un modo per intrattenere simpaticamente i giornalisti. Da dire loro non ha molto di più rispetto al discorso “Non indimenticabile” (così lo ha definito la portavoce di Silvio Berlusconi, Deborah Bergamini) che ha fatto, oppure rispetto “all’aria fritta” di cui secondo il capogruppo di FI, Renato Brunetta, sarebbe infarcito, o ancora rispetto al “comizio volto a mascherare i suoi insuccessi economici”, come ha detto Raffaele Fitto, europarlamentare, mister preferenze di FI. 

Ma una cosa il premier la ribadisce ai cronisti: “La priorità del mio discorso è il lavoro”. Dunque, jobs act anche per decreto? Renzi annuisce e conferma quello che più o meno aveva già detto in aula. Ma il punto è, dice sotto anonimato un parlamentare pd, che “le aziende poi non assumono per decreto”.

Una proposta concreta la lancia il leader dei Moderati, alleati del pd, Giacomo Portas: “Se Renzi vuole arrivare vittorioso al termine dei mille giorni deve abbassare subito di un punto l’Iva, ripartendo i consumi si rimette in moto tutto. Sarebbe un gesto rivoluzionario”. Il premier dice che non vuole il voto anticipato ma che non lo teme neppure. In qualche modo torna ad agitare lo spettro delle urne, ricordando il suo consenso di oltre il 40 per cento. Ma soprattutto sulla legge elettorale, quando dice che non ci possono essere mille opzioni, è ai suoi che si rivolge soprattutto.

Alla sua opposizione interna alla quale l’Italicum va di traverso. Solo che non è netto nella difesa della legge così come disegnata dal patto del Nazareno, ovvero due coalizioni che ruotano ciascuna attorno ai principali partiti, in modo da stabilire una chiara alernanza  e annullare il potere di ricatto dei piccoli partiti. Non a caso Brunetta ricorda al premier: “L’Italicum che fine ha fatto?”. Che Renzi si sia trasformando in un neodemocristiano? Lo farebbe pensare un commento lapidario di Umberto Bossi con Panorama.it: "Mi sono depresso. Il governo meno fa più promette".

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