Crescita e sviluppo, arrivano i primi dati positivi

Per la prima volta dopo anni, The Economist pubblica dati positivi sul futuro dell'economia mondiale. Li abbiamo ripresi nel nostro grafico della settimana , nella speranza che, alla prova dei fatti, non vengano smentiti. 

Gli esperti del Fondo Monetario Internazionale hanno calcolato che, in media, tra il 2013 e il 2014 l'incremento del Pil mondiale dovrebbe passare da +2,9 a +3,6 per cento. Una stima, questa, che prende in considerazione l'ipotesi che gli emergenti possano continuare a rallentare, nella consapevolezza che, in quella che potremmo definire la seconda fase della crisi finanziaria globale, siano questi ultimi i principali responsabili dell'attuale incertezza.

Stati Uniti, Giappone ed Europa, al contrario, sembrano molto più solidi (quanto meno rispetto agli ultimi 48 mesi), e continueranno a crescere, anche se a velocità diverse. Tuttavia, per rimanere in sella i paesi sviluppati non dovranno mai perdere di vista i loro obiettivi di lungo periodo. Quindi Washington dovrà trovare un modo per evitare che l'attuale impasse fiscale smetta di essere una rara eccezione ; Tokyo dovrà continuare lungo il sentiero delle riforme se vuole continuare a tenersi alla larga dall'ombra della stagnazione; il Vecchio Continente, e l'Italia in particolare , fare qualcosa per rilanciare un'occupazione che ha ormai raggiunto livelli drammatici.

Ostacoli e difficoltà a parte, non si può non riconoscere che la mappa interattiva realizzata da The Economist sfruttando i dati del FMI si lascia alle spalle una ventata di ottimismo. Questo perché, indipendentemente dalla regione a cui si guarda, dall'America Latina all'Asia del Nord, passando dall'Europa, dall'Africa e dal Medio Oriente, la tendenza generale è quella di trovare paesi "sempre più blu" e sempre meno "macchie rosse", in un planisfero in cui il rosso è stato usato per identificare le nazioni in recessione o a crescita zero, e l'azzurro più o meno intenso per evidenziare i progressi sul piano della crescita.

L'Europa è il caso più emblematico, perché le numerose aree rosse sono quasi tutte scomparse. Naturalmente non mancano le eccezioni, quasi tutte giustificare dal momento di crisi politico e sociale vissuto dai paesi in questione. Nel 2014, infatti, rallenteranno il Pakistan, il Sudan, il Congo-Brazzaville, la Bolivia e il Paraguay, e in tutto il mondo gli unici paesi "rossi" saranno la Guinea Equatoriale in Africa (-1,9%) e la Slovenia (-1,4) e Cipro (-3,9) in Europa.

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