Particolare della locandina del film "Corona" (Foto: GrandMuse Pictures)
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Dal Canada il primo film sul Coronavirus

Siamo in piena emergenza Coronavirus, è difficile prevedere quando ne usciremo, eppure è già nato il primo film sulla pandemia che stiamo vivendo. Titolo?Corona, ça va sans dire.

È un film di 63 minuti realizzato da Mostafa Keshvari, regista indipendente canadese di origini iraniane, con sede a Vancouver. Vancouver, affacciata sull'Oceano Pacifico vista Russia e Giappone, è la porta del Canada all'Asia. Ed è anche il terzo più grande polo di produzione cinematografica dell'America del Nord dopo Los Angeles e New York, tanto da essere chiamata "Hollywood del Nord".

Qui, quando arrivò notizia del virus proveniente dalla Cina, si segnalarono diversi incidenti e molestie nei confronti di cinesi e canadesi di origini asiatiche. E, un po' come accadde anche in Italia, si creò una "fuga" dalle imprese cinesi. Come racconta il New York Times, Keshvari, 33 anni, era in ascensore e stava leggendo i titoli dei giornali in merito quando ebbe l'idea.

Il suo film Corona è infatti ambientato in ascensore. Lì sono intrappolate sette persone. La macchina da presa osserva cosa succede quando iniziano a rendersi conto che uno di loro probabilmente ha il Covid-19. Terrore e razzismo si diffondono più velocemente del virus.
Il film parla della paura, è «uno studio della società, delle persone e delle scelte morali», ha detto Keshvari in recenti interviste. «Siamo tutti insieme in questa sfida». Sottotitolo di Corona: Fear is a virus, ovvero, la paura è un virus.

Quando ha iniziato il suo progetto, «nessuno pensava che una persona bianca potesse contagiarsi. Ma il virus non discrimina», ha detto Keshvari, che gestisce anche BC Minorities in Film & TV Society, una rete per artisti in erba provenienti da minoranze.

Da fine gennaio, Keshvari ha iniziato a scrivere la sceneggiatura, in due settimane. In dieci giorni è stato realizzato il set, in maniera super low budget: è stato affittato uno spazio e lì è stato ricostruito un ascensore. Per quanto riguarda il cast, 25 persone in tutto tra attori e troupe, alcune sono state rintracciate tra le sue conoscenze, altre tramite il passaparola. Ha lasciato molta libertà di improvvisazione. Agli attori ha detto: «Immagina che il Coronavirus sia in questo ascensore». E poi ha voluto che fosse realizzata una ripresa unica, senza soluzione di continuità. Per riuscirci ci sono voluti tre giorni e 70 tentativi. Era febbraio e intanto il Coronavirus, attorno, stava stringendo la sua presa.

Keshvari immaginava come destino per Corona la partecipazione a qualche festival ma… la realtà è stata più veloce della finzione e intanto tutti i festival recenti o di prossimo futuro sono stati bloccati o cancellati. Lo streaming diventa la strada più fattibile.

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