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Conte, rabbia contro l'Inter: ecco perché attacca tutti

Racconta Conte che quando perde cade in uno stato di morte apparente, che dura un giorno e gli impedisce di pensare serenamente a quello che è successo in campo. L'Antonio Conte che si è presentato ai microfoni nel post-partita di Dortmund, dopo aver incassato una rimonta che complica maledettamente la corsa in Champions League, solo all'apparenza ha parlato con scarsa lucidità.

Le sue parole sono state pesanti come macigni. Le ha indirizzate alla società, dirigenti e proprietà, ha lanciato messaggi pesanti e tolto il velo su una situazione di malessere che a tratti si era intuita in estate ma che l'ottima partenza di campionato aveva poi nascosto sotto il tappeto delle vittorie e del secondo posto in scia alla Juventus.

Conte è fatto così, prendere o lasciare. Marotta, che l'ha voluto fortemente a Milano, lo conosce bene e certamente non si farà spaventare dalla crudezza di quelle frasi e dallo sguardo fisso nel vuoto che le accompagnate. Fosse diversamente, si potrebbe immaginare l'apertura di una frattura tra tecnico e dirigenza, scenario impensabile nel contesto stagionale nerazzurro.

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Ecco cosa ha detto Antonio Conte

Conte ha attaccato frontalmente la società, alludendo ad errori di programmazione estiva che stanno rendendo difficile il lavoro della squadra in questa prima fase della stagione. "Spero che queste partite facciano capire certe cose a chi le deve capire" ha detto, visibilmente contrariato per la ristrettezza di una rosa che ha pagato anche sul piano degli infortuni costringendo alcuni titolari a raddoppiare gli sforzi.

"Questa sconfitta dà fastidio, ma più che lavorare non possiamo fare. Mi sono scocciato, che venisse qualche dirigente a dire qualcosa" ha proseguito, affondando ancora nell'analisi e negando l'apertura di qualsiasi discorso sul mercato di gennaio: "Qui abbiamo programmato all'inizio ma potevamo programmare molto meglio". Che significa dargli qualche freccia in più, soprattutto a centrocampo e in attacco, dove è bastato perdere Sensi e Sanchez per entrare in stato d'emergenza.

Il terzo messaggio lanciato è stato sulle prospettive di un gruppo che ha ancora il destino della Champions nelle proprie mani (bastano due vittorie per qualificarsi): "Sono stati fatti errori importanti, non possiamo arrivare sempre tirati". Tradotto poi nell'esplicitazione che con la rosa a disposizione non si possono fare (bene) campionato e Champions League.

"Faccio fatica a rimproverare i ragazzi" è l'altro tasto toccato. Non una, ma più volte, rifiutandosi anche di commentare un secondo tempo pieno di errori tecnici individuali difficili da spiegare solo con la condizione fisica calante. Conte ha scelto di fare muro per proteggere lo spogliatoio anche a costo di alzare il livello della tensione con la società. Ha ringraziato chi ha giocato anche sei partite di fila e ha giurato di essere pronto ad andare avanti con lo stesso gruppo nel momento stesso in cui ha aperto un fronte con la società.

Era successo anche in estate durante l'estenuante trattativa per arrivare a Lukaku, con la tournèe affrontata senza attaccanti e il malumore crescente tra un viaggio e l'altro. Allora le parole di Conte erano state incassate col sorriso da Marotta e avevano funzionato come stimolo. Oggi, a mercato chiuso e con la finestra invernale lontana due mesi, chissà...

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