La Cina mette al bando i videogiochi stranieri

In realtà quello che vuole effettivamente fare Pechino è applicare una sorta di censura selettiva anche nel mondo dei videogiochi. Per essere sicura che dopo aver autorizzato la vendita delle console straniere all'interno della Repubblica popolare non varchino i confini giochi considerati poco edificanti, quando non addirittura pericolosi.

Una circolare diramata appena un paio di giorni fa dalla municipalità di Shanghai ha chiarito quanto meno i temi dei giochi sgraditi alla Cina. Vale a dire gioco d'azzardo, giochi che possano mettere in discussione la solidità della Costituzione della Repubblica popolare (!!), minare l'unità, la sovranità e l'integrità territoriale della nazione, o anche i suoi interessi, la sua sicurezza e la sua reputazione, giochi che possano in qualche modo esasperare le conflittualità etniche della nazione o danneggiare le sue tradizioni, giochi che possano promuovere la diffusione di superstizione o culto del soprannaturale, o ancora che legittimo comportamenti violenti, osceni o l'uso di droghe, e giochi che possano direttamente o indirettamente infrangere la legge cinese.

Cosa vuol dire tutto questo? Di cosa ha paura Pechino? Certamente della possibilità che, un giorno, qualcuno crei videogames in cui si parli, ad esempio, di Tiananmen, dell'occupazione giapponese, o magari che permetta addirittura l'interazione in uno scenario di guerra per i possesso dei vari territori contesi con le altre nazioni del Sudest asiatico (se poi lo fanno i cinesi, come sta effettivamente succedendo, non importa, perché in questo caso sono sicuri di essere loro a vincere).

Per fare qualche esempio pratico, un gioco come BioShock Infinitedi certo non entrerà mai nel Regno di Mezzo perché ambientato nella pericolosissima Columbia, presentata come città simbolo degli ideali americani nel momento in cui gli Stati Uniti stavano emergendo come una potenza mondiale, e dalla trama troppo "intellettuale" per ottenere il via libera di Pechino.

Altro gioco destinato a rimanere al di là della Grande Muraglia è Tomb Raider, un modello di action-adventure troppo libero e troppo violento per gli standard cinesi. Lo stesso vale per Assassin's Creed IV - Black Flage per Grand Theft Auto V. Del primo non piace l'eccessiva inclinazione verso il gioco d'azzardo, del secondo droga e violenza. Semaforo verde invece per i più innocui FIFA 2014, Pokémon X&Y, The Last of Us, Animal Crossing – New Leaf e Monster Hunter IV.

Pechino ha stabilito le sue regole, e c'é chi dice che pur di mettere le mani su un mercato che vale oltre 13 miliardi di dollari Nintendo, Sony e Microsoft potrebbero decidere di modificare i contenuti dei loro prodotti per assecondare il governo. Tuttavia, dal momento che il mercato nero nella Repubblica popolare non solo esiste ma funziona anche particolarmente bene, è difficile scommettere su se i nuovi giocatori d'Oriente decideranno di acquistare i loro nuovi giochi legalmente, nella consapevolezza che si tratterebbe di versioni soft, o opteranno per gli originali, anche se illegali. Quel che è certo è che la Cina ha dimostrato di aver paura anche dell'impatto (negativo) che i videogame potrebbero avere sui pensieri e sulla mentalità dei loro cittadini, e c'è chi è pronto a scommettere che, prima o poi, i giochi più pericolosi scompariranno anche nella versione di contrabbando.

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