EBOLA
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Il primo caso di Ebola negli Stati Uniti

C'è un caso di Ebola anche negli Stati Uniti. A darne notizia è il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) di Atlanta, la massima autorità sanitaria americana. L'infetto, un cittadino liberiano giunto in America dieci giorni fa per far visita ai parenti, è stato ricoverato domenica 27 settembre al Texas Health Presbyterian Hospital di Dallas presentando tutti i sintomi della febbre emorragica. La Liberia è uno dei Paesi dell’Africa occidentale insieme a Guinea e Sierra Leone in cui si trovano i focolai del virus.

Virus Ebola: 15 cose da sapere

Ebola, il virus che viene da lontano

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Monrovia, Liberia, 31 agosto 2014. Giovani donne e bambini camminano accanto a un muro su cui si legge STOP EBOLA

Ebola, il virus che viene da lontano

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Personale dell'Aeronautica Militare durante una fase dell'addestramento per il trasporto di pazienti contagiosi

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Centro per il trattamento di Ebola in Liberia

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Un centro per la cura dell'Ebola a Monrovia

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Monrovia (Liberia), un centro per la cura dell'Ebola

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Monrovia, Liberia

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Monrovia, Liberia, 3 settembre 2014. Operatrici sanitarie dell'ospedale John Fitzgerald Kennedy di Monrovia

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Ad Abidjian, nella Costa d'Avorio: un uomo porta un cartello su cui si legge Ebola, vai via!, durante una performance del gruppo di artisti

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Monrovia, Liberia, 3 settembre 2014. Un operatore sanitario dell'ospedale John Fitzgerald Kennedy di Monrovia indossa tute protettive prima di entrare in un'area ad alto rischio della struttura ospedaliera

Ebola, il virus che viene da lontano


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Liberia, Monrovia


Ebola, il virus che viene da lontano

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Guinea: guanti e stivali del personale sanitario di Guekedou asciugano al sole dopo la sterilizzazione


Ebola, il virus che viene da lontano

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Rafforzati i controlli contro la diffusione dell'ebola, anche negli aeroporti in Europa

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Lavori in corso nell'ospedale di Medici senza Frontiere


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Istruzioni sulla lotta al virus Ebola


Rischio contagio e psicosi
Secondo le autorità sanitarie non ci sarebbe pericolo per i passeggeri che hanno viaggiato col paziente ma  sono state comunque attivate le procedure per verificare se le persone che sono entrate in contatto con lui (compresi i parenti) possano aver sviluppato qualche sintomo compatibile col virus. «La situazione rimarrà sotto controllo e confidiamo che la malattia non si diffonderà negli Usa. Al momento non risulta alcun altro caso sospetto in Texas o negli Usa» ha cercato di rassicurare Thomas Frieden, direttore del Cdc. All’interno dell’ospedale dove il paziente si trova in isolamento sono state attivate tutte le garanzie per impedire il rischio di contagio ad altri pazienti o al personale medico e sanitario. A rendere più complicato il quadro c'è la psicosi del virus che si sta comunque diffondendo negli Stati Uniti: nelle ultime settimane sono stati almeno dodici i casi che avevano messo in allerta diversi ospedali, anche a New York e Miami, risultando però negative al virus. C'è poi l'indiscrezione che non sta mancando di suscitare allarme sulla preparazione del personale medico americano, fornita da Ap, secondo cui prima del ricovero, un ospedale di Dallas avrebbe dimesso il paziente liberiano con un semplice antibiotico, scambiando il virus per una normale influenza. 

I cinque errori che hanno portato al disatro
Un articolo del settimanale Time spiega le ragioni che hanno fatto esplodere l'epidemia: si parla della possibilità che il virus raggiunga un milione di persone. Per ora l’ultimo bilancio dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) conferma la drammaticità della situazione: al 24 settembre, si registrano 3.500 morti e 7.269 casi, per una media di 200 nuovi infetti al giorno, due terzi dei quali sono donne. Di emergenza «planetaria» ha parlato anche Obama di fronte all’assemblea generale dell’Onu. L'investimento complessivo per arginare il pericolo contagio è per ora, tra Bm (170), Casa Bianca, Ong come Msf ed Ue (150), di circa 700 milioni. L'area più colpita rimane ancora quella dell'Africa occidentale.

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