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Casini torna da Berlusconi (ed il "centrino" si arrabbia)

Le urla del silenzio che vengono dai «centrini» contro il bel «Pier», erede della fu Dc di Arnaldo Forlani, accusato in sostanza di «prostituzione» d’alto bordo dopo la sua scelta di riallearsi con Berlusconi, ricordano un po’ la volpe e l’uva.

Certo, Pier Ferdinando Casini, si potrebbe dire che le ha fatte quante Carlo in Francia. Si potrebbe dire, come giustamente gli ha ricordato Vittorio Feltri su «Il Giornale», con che faccia torna ora con Forza Italia dopo aver abbandonato Silvio Berlusconi e comunque dopo avergli dato sempre filo da torcere quando era premier e spesso in combutta con Gianfranco Fini. Giusto.

Ma a differenza di Fini, «Pier» se ne andò coraggiosamente e si mise in proprio quando Berlusconi salì sul predellino e fece il Pdl. Rischiò l’osso del collo. E da signore elegante della politica quale è sempre stato non se ne è andato sbattendo la porta, puntando l’indice contro e urlando «che fai mi cacci?».

A differenza di Fini, Casini ha sempre avuto posizioni garantiste. Sicuramente un po’ flebili con il Cav, sicuramente un po’ tardive, come ad esempio il 27 novembre 2013 quando cercò inutilmente di bloccare la «ghigliottina» della decadenza.

Lo si potrà accusare di tutto, ma di una cosa certamente no: «Pier» a differenza dei «centrini», a cominciare da Scelta civica, appartiene davvero a una cultura moderata e non cattocomunista. Come potrebbe essere il contrario, per l’allievo di Arnaldo Forlani?

Gianpaolo Pansa lo definì «il coniglio mannaro», ma Forlani rappresentava quella parte della Dc che non ha mai ceduto alle sirene cattocomuniste. Forlani era l’alleato di Bettino Craxi, nel tanto vituperato «Caf». «Pier» fu il primo a raggiungere casa Craxi ad Hammamet, appena morto «Bettino».

Possono urlare quanto credono i «centrini», ma lui appartiene a una cultura completamente diversa dalla loro. Non a caso, con la sinistra in tutti questi anni di separazione dal Cav, Casini ha fatto sempre alleanze limitate a livello locale. Ha sempre tenuto il punto sui suoi principi, i suoi valori. C’è da comprendere la posizione di esponenti di punta di Forza Italia che ora l’accusano di opportunismo. Si arrabbia ed ha le sue buone ragioni Daniela Santanché, ma c’è anche Paola Pelino, neovicepresidente del gruppo FI al Senato che plaude per il ritorno di «Pier». E il primo ad aprire alla nuova alleanza era stato Giovanni Toti, consigliere del Cav.  

Si giocherà una seria partita nel centrodestra. Ma questo è affare di Casini e di Forza Italia principalmente. Le urla del silenzio dei «centrini», che ora, costretti dalla riforma elettorale, dovranno andare a pietire posti a Matteo Renzi, rischiano invece di far solo sorridere. Loro non hanno la classe del bel «Pier», nel bene e nel male. Non sono stati allievi di Forlani.

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