Cartolarizzazione, il giochetto per ridurre (e di parecchio) il debito pubblico


“Carto-che? Cartelle? Caramelle? Ma che dici???”. “Nooo! Ho detto cartolarizzazione”. “Ma cos’è? Uno scioglilingua?” “Anche. In realtà è un giochetto finanziario che se usato bene potrebbe tirarci fuori dai guai. O quanto meno farci respirare.” “Non ho mica capito…”. Dialogo immaginario, per carità. Ma a scorrere i giornali di questi tempi c’è da scommetterci che in parecchi si siano fatti la stessa domanda: cos’è ‘sta cartolarizzazione?

Magari non l’hanno confessato al vicino di banco, al barista di fiducia o alla mamma mentre scolava la pasta, ma tant’è: non lo sanno. Molti, mica tutti. Quindi? Consiste nella cessione di attività finanziarie (che siano mobili o immobili non importa!) di una società X (chiamata originator) attraverso l’emissione e il successivo collocamento sui mercati di mezzo mondo di titoli obbligazionari. Il credito viene ceduto a terzi (investitori istituzionali o intermediari finanziari perlopiù stranieri) e il suo rimborso garantisce la restituzione del capitale e delle cedole di interessi assicurate dall’obbligazione. Almeno sulla carta. Ma se il credito diventa inesigibile, chi compra titoli cartolarizzati perde sia il capitale versato sia gli interessi sperati. Come dire: il rischio di fare un buco nell’acqua c’è. Ma la ricompensa è ghiotta.

E che c’entriamo noi o meglio l’Italia? C’entriamo. Eccome. Perché se i Monti-Boys si decidessero finalmente di avviare un massiccio piano di cartolarizzazioni del patrimonio pubblico immobiliare il famigerato rapporto debito-Pil che ci colloca tra gli ultimi della classe con un 123,4% (ultimi dati disponibili) contro il 60% auspicato dai burocrati di Bruxelles scenderebbe e di parecchio. Si stima a quota 100% o forse addirittura sotto. Un successone! E non c’è da stupirsi. Perché gli asset (altra parolina magica!) immobiliari statali in Italia sono tanti, tantissimi!

Nel dettaglio: stando all’Agenzia del demanio capitanata da Stefano Scalera l’impero del mattone tra risorse centrali e locali vale 500 miliardi di euro circa! I soldoni: un terzo o quasi del Pil made in Italy per il 2011. Risultato: sarebbe sufficiente qualche operazione giusta magari su un arco temporale di medio-lungo termine perché lo stock del debito pubblico possa essere ridotto. Cosa aspettiamo?

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