Ma quanti sono gli italiani che possiedono Bot?

C’erano una volta i Bot people. E’ questa la prima e più evidente considerazione che viene da fare se si guardano le percentuali dei soggetti che attualmente possiedono titoli di Stato del nostro debito pubblico. Parliamo di una platea infatti che nel corso di questi ultimi decenni è radicalmente cambiata. Siamo passati dagli anni ’90, quando addirittura l’80-90% di stock di debito era in mano a privati risparmiatori, alle cifre attuali che, secondo le stime più aggiornate della Banca d’Italia, fanno scendere questa percentuale sotto il 10%. Il resto è in mano a banche italiane, con il 50%, e investitori stranieri, che rappresentano ben il 40% dei proprietari di titoli.

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E’ alla luce di questi valori in campo dunque, che conviene valutare l’idea, lanciata in queste ore dal sottosegretario alla Presidenza del nuovo governo, Graziano Delrio, di rivedere la tassazione sulle rendite dei Bot. I numeri, che conviene sempre tenere ben d’occhio, ci dicono innanzitutto che il nostro debito pubblico attualmente staziona sopra ai 2.000 miliardi di euro. Di questi circa 1.700 miliardi sono emessi sotto forma di titoli di Stato, ovvero Bot, Cct e Btp. Su questi strumenti finanziari al momento vige una tassazione che prevede un’aliquota del 12,5% sulle rendite percepite, un valore da tempo ritenuto troppo basso, soprattutto se confrontato con la tassazione di altri strumenti finanziari che da qualche anno è fissata al 20%. L’idea sarebbe dunque quella di uniformare la tassazione dei Bot al 20%, un provvedimento che frutterebbe circa un miliardo di nuove entrate.

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Il nuovo regime infatti riguarderebbe soltanto i risparmiatori privati che come detto rappresentano ormai meno del 10% del totale e possiedono titoli per circa 170 miliardi di euro, una frazione davvero esigua del totale. Se si entra poi nello specifico dei modelli familiari e sociali di questa già piccola quota, si scopre che solo il 20% è rappresentato da famiglie con un capofamiglia lavoratore dipendente, una cifra che rapportata al complessivo monte titoli, significa dunque poco meno del 2% del totale. Per il 30% siamo di fronte poi a famiglie con lavoratori autonomi (ossia circa il 3% del totale) e infine la categoria più numerosa, pari a circa il 50%, è quella dei nuclei familiari in cui è presente un pensionato, una categoria quest’ultima che rappresenterebbe dunque circa il 5% dell’intera platea di proprietari di titoli di Stato.

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Come si vede dunque l’impatto sociale di un eventuale incremento delle rendite sui Bot, che pure ci sarebbe, riguarderebbe una quota di famiglie italiane davvero molto ridotta. Non a caso infatti, come già accennato, si riuscirebbe a recuperare qualcosa come un miliardo di euro, una cifra non proprio imponente per chi, come il neo presidente Renzi, sta pensando a grandi riforme del nostro sistema fiscale.

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