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Beppe Grillo, tutte chiacchiere e niente distintivo

Il presidente Napolitano “dovrebbe costituirsi”. L’ultima boutade di Beppe Grillo è appunto solo una boutade, lasciata cadere camminando, al volo, rispondendo ai giornalisti nell’incedere che non si ferma perché un leader ama farsi rincorrere. Beppe non concede spazi, distribuisce vaticini, giochi di parole, insulti. Non articola ragionamenti. S’inventa slogan. La politica nazionale procede così, senza prendere soste e tuttavia restando immobile. Incapace (o non disposta) ad articolare. Irriflessiva. E sciocca(nte).

Chi la dice più forte, più riesce a farsi ascoltare perché poi c’è dall’altra parte un microfono, una rete di amplificazione mediatica che raccoglie la battuta “lasciata cadere”, la rilancia, la irradia, la rende titolo. Questa è la politica italiana. Tutte chiacchiere e niente distintivo. Questo è Beppe Grillo (ma non solo).

Grillo l'attore

Napolitano “dovrebbe costituirsi”. Perché? Come? Quando? Per cosa? La battuta non significa quello che dice, è solo una suggestione che cavalca un’altra suggestione, legata al titolo scelto dalla magistratura per rendere mediaticamente appetibile “Mafia Capitale”. Ma forse gli italiani sono stanchi di suggestioni. Sono stanchi di titoli.

Nelle sceneggiate e nei copioni falsamente improvvisati di Grillo c’è pure l’ipocrisia gigionesca dell’attore che “mente” per professione, la vanità dell’uomo di spettacolo unita a quella del politico di professione.
C’è un’altra battuta di Grillo che rende bene la sua idea di politica (e di partito): “Il Movimento 5 Stelle ha una base ma non un leader”. Massima riferita a un momento in cui il Pd “aveva una base, non un leader”. Eppure Grillo è un leader, come lo è Silvio Berlusconi per Forza Italia, e Matteo Renzi forse non per tutto il Pd ma per un bacino più vasto (e questa è la sua forza ma anche la sua fragilità).

Le malattie dei politici italiani

Il guaio è che la politica è sempre più autoreferenziale, scollata dal mondo reale, dai problemi concreti e dalla loro soluzione. Da un lato Renzi è malato di “annuncite”, di tutto quello che ha promesso o detto di aver fatto una percentuale infima di raccolto è davvero in cascina (e non è sufficiente per salvare il Paese). Dall’altro, l’anti-politica di Grillo che avrebbe dovuto riportare il focus sui fatti, sui temi concreti, si sta dimostrando peggio dell’annuncite: un bla-bla tutto politico. Perché, alla fine della fiera, i più “politici” di tutti sono i grillini. L’anti-politica dei no-Tav è politica. L’anti-politica degli ideologi della “crescita felice” o del “bene comune” è politica. E schiacciati fra questa anti-politica eminentemente politica, parolaia, e il mantra di una “stabilità” perseguita (anche dal Quirinale) negli ultimi tre anni a tutela di un sistema che non ha investitura diretta popolare, la democrazia italiana è bloccata, agonizzante. Nei prossimi due mesi ogni discussione sarà concentrata nei giochi di Palazzo. Il rischio è che le alchimie di potere portino in cima al Colle, dopo Napolitano, un signor Nessuno. Un nome che sarà il minimo comun denominatore di una somma di interessi politici. In un sistema nel quale il capo dello Stato, nato per essere praticamente solo un garante della Costituzione, è diventato un monarca investito da un’oligarchia. Altro che democrazia liberale.      

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