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Ballottaggi alle comunali: ora il centrodestra deve gestire il vantaggio

Che il centrodestra sia il vincitore del primo turno delle elezioni comunali, è davvero difficile negarlo. La coalizione di Berlusconi, Salvini e Meloni è riuscita non solo nel mezzo miracolo di presentarsi unita quasi ovunque, ma a portare praticamente tutti i suoi candidati ai ballottaggi, anche in zone, come l’Emilia, la Toscana e la Liguria, che in passato il PD vinceva facilmente al primo turno.

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Un dato forse è più eloquente di tutti: il centro-destra, nei comuni capoluogo, partecipa a più ballottaggi del centro-sinistra. Per capire la portata del cambiamento, si consideri che fra i comuni capoluogo al voto, 15 erano in mano al partito di Renzi e solo sei al centrodestra.

Ora però viene la cosa più difficile, come tanti generali e tanti politici hanno imparato a loro spese: saper gestire la vittoria, non sprecarla, non cedere all’improvvisazione, alle rivalità, alla cupidigie concorrenti. Anche perché si tratta comunque di una vittoria di tappa: il centrodestra ha chiuso il primo tempo in vantaggio, ma ai ballottaggi, fra 15 giorni, si capirà davvero chi ha vinto la partita.

Berlusconi non ha certo dimenticato la lezione subita dal suo Milan nella gelida serata ad Istanbul, quando chiuse il primo tempo della finale di Champions League in vantaggio per 3-0 contro il Liverpool, e alla fine perse la partita ai rigori.
Ci potrebbe essere qualche buona premessa perché questo accada.

I due problemi del centrodestra

Prima di tutto il PD ha una capacità di mobilitazione dei suoi elettori, soprattutto quando avverte il rischio di perdere, che il centro-destra non si sogna nemmeno. Per questo la sinistra ama il doppio turno, sistema che premia le minoranze organizzate, e per questo i governi di sinistra adorano fissare le elezioni il più  avanti possibile, verso l’estate, sperando che il sole, il caldo, la voglia di vacanza, i bambini che hanno finito la scuola, diano una mano alla causa inducendo gli elettori moderati, notoriamente meno inquadrati, ad andare la mare o ai monti invece che alle urne.

Dunque il centrodestra ha due problemi, quasi opposti: da un lato mobilitare il più possibile il proprio riottoso elettorato facendo capire l’importanza della posta in gioco, dall’altro riunire gli incerti, chi al primo turno ha scelto un candidato civico, possibilmente anche una parte degli astensionisti.

Il fatto di non essere riusciti a conciliare queste due esigenze, quella di motivare i sostenitori più convinti, e quella di convincere gli incerti, ha portato il centrodestra a perdere Milano lo scorso anno, dopo essere stati a un passo dalla vittoria.

Cosa serve: coalizione, innovazione e credibilità

Berlusconi lo sa bene e, mentre Salvini è impegnato in un frenetico giro di comizi sperando di mettere il cappello sui successi presenti e futuri del centrodestra, ad Arcore sta studiando una serie di uscite ponderate. Nessun comizio – sono costosi, ormai la gente non ci va più se non viene deportata quasi con la forza, e in ogni caso si parla soltanto a fedelissimi mobilitati per l’occasione e spostati da un comizio all’altro come gli aeroplani del Duce - ma incontri mirati, interviste, dichiarazioni ben ponderate.

Dalle parti di Arcore d’altronde è una convinzione maturata da mesi: il Lepenismo, anche in salsa padana, non vince come non vince in nessuna parte d’Europa. Vince chi riesce a coniugare innovazione (nello stile, dei volti, nell’atteggiamento) e credibilità. Il caso Macron è un esempio da manuale, al di là dei contenuti politici, tutti ancora da scoprire, Berlusconi ha visto succedere a Parigi un miracolo per tanti aspetti simile a quello compiuto da lui 23 anni fa. Un miracolo che ha cambiato in poche settimane i connotati della politica francese come Forza Italia lo aveva fatto per quella italiana.

Berlusconi da tempo insiste sulla necessità di rinnovare la politica, a partire proprio dal suo movimento. Non perde occasione di criticare i politici di professione, coloro che nella vita non hanno mai fatto altro che politica. È difficile credere che pensi solo ai suoi avversari, e non anche a certi alleati o compagni di partito.
Questo centro-destra moderato nei toni, serio e credibile nei contenuti, che non vive di slogan ma di soluzioni realizzabili, che non urla ma ragiona, spiega, racconta quello che ha fatto, secondo Berlusconi è l’unica strada per combattere una battaglia che non sia di sola testimonianza.

Lo sguardo alle politiche

Ovviamente tutti pensano alle amministrative guardando alle politiche. Berlusconi come tutti gli altri. Solo che non ha alcuna fretta di risolvere il dilemma che ai suoi alleati sta più a cuore: chi guiderà il centro-destra? Non ha fretta perchè sarebbe sbagliato affrontarlo ora, a ballottaggi aperti, ma non ha fretta anche perché sa che non è affatto detto che alle elezioni si porrà davvero questo problema.
D’altronde lui non ha bisogno di dimostrare a nessuno di essere un leader, quindi può permettersi il lusso di non occuparsene. Fin qui la strategia si è rivelata vincente, fino a fargli ottenere riconoscimenti insperati - e fino a poco tempo fa impensabili - per il ruolo giocato nelle ultime settimane.  Se sarà vincente anche per i ballottaggi, il futuro del centrodestra avrà un profilo diverso, e molto più forte, da quello immaginato nei mesi scorsi da quasi tutti gli osservatori politici.

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