Hammamet, l'ultima intervista a Craxi | 2^ parte

La seconda parte dell'ultima intervista rilasciata a Panorama da Bettino Craxi, prima della sua morte ad Hammamet

Ricordi e riflessioni sulla mancata  unità a sinistra.
Craxi frugando nella memoria aveva ancora netto il ricordo di un incontro avuto con Enrico Berlinguer, poco prima che il Psi, dopo il periodo dell’unità nazionale con il Pci che dette di fatto un sostegno esterno alla Dc, tornasse ad appoggiare governi guidati dallo Scudocrocuato. Era il periodo nel quale si svolse ll’incontro alla scuola quadri del Pci alle Frattocchie tra i leader del Pci e del Psi, che suscitò molte attese per l’unità a sinistra.

Perché quell’occasione naufragò?
«Ci vedemmo prima delle Frattocchie a casa di Paolo Bufalini (altro leader migliorista del Pci ndr). Enrico mi propose di fare l’alternativa di sinistra . Ma io gli risposi: guarda che io e te insieme andiamo sotto, riusciamo solo ad arrivare al 40%…».

Eppure solo un anno prima, nel 1978 al congresso socialista di Torino lo slogan era quello dell’alternativa di sinistra…
«Io dissi che l’alternativa di sinistra era  possibile solo in una chiarificazione da parte del Pci relativa ai suoi rapporti di ordine internazionale con l’Unione sovietica, l’ alternativa era possibile solo in un riequilibrio dei rapporti di potere tra Pci e Psi. Ma in realtà non ci credevo tanto».

Allora perché lo fece?
«Lo feci  anche perché non avevo ancora la maggioranza  nel partito, dove la sinistra premeva per l’allternativa di sinistra. Poi si è visto come è andata a finire: come si presentò l’occasione : Claudio Signorile (leader della sinistra del Garofano ndr) al governo si accomodò e come! Io l’unità a sinistra certo che la volevo, ma con un maggior peso del Psi. Io lo dovevo salvare il mio partito: rimasi colpito da uno schemino che Giulio Andreotti aveva lasciato sul tavolo dopo una riunione …».

Che c’era scritto?
«Dc più Pci. E il Psi?, trasalii. Il Psi era stato cancellato».

Eppure i segretari del Pci  nei momenti  clou non esitavano a venirla a trovare…
«Ricordo che Achille Occhetto venne da me quando Alessandro Natta era malato a chiedermi di appoggiarlo se fosse succeduto a lui nel ruolo di segretario. E  Natta, a sua volta, prima che si ammalasse era venuto a trovarmi per chiedermi un parere sulla possibilità che gli succedesse il giovane Occhetto, l’ex ragazzo di bottega di Michelangelo Notarianni».

Come andarono i suoi incontri con Occhetto sull’unità a sinistra?
«Gli dissi: Achille faccio prima a fare l’Unità socialista che a rubarti due milioni di voti. Lui tornò in Via del Corso (sede del Psi ndr) e mi disse: «Bettino, mi dispiace ma la maggior parte del mio partito preferisce un rapporto con la Dc. Fu allora che «Occhetto si alleò con quella parte del Psi che era contro di me».

Che spiegazione si è dato?
«Evidentemente Achille già avvertiva l’arrivo di quella sarebbe stata la valanga giudiziaria.  Credo
che il Pds  i giudici li abbia assecondati per la paura di restare travolto. Le toghe rosse hanno creato un enclave all’interno del Pci-Pds-Ds. La verità è che il mio nemico numero uno fu la Dc…Quanto al no di Occhetto all’unità socialista, un giorno chiederò proprio a lui che ruolo ebbe anche Claudio Martelli nel suo ripensamento».

Un altro importante momento che fece sperare in un passo in avanti nell’unità tra Pci Psi fu al congresso dell’Ansaldo a Milano quando lei ricevette nel famoso camper Massimo D’Alema e Walter Veltroni. Che ricordo conserva?
«Suggerii ai due di chiamarsi socialisti».

Che opinione si è formato dei due eredi dell’ex Pci?
«Veltroni, secondo me più che dei Ds fa parte di un altro partito: quello di Scalfari-Caracciolo-De Benedetti. Lui vuole il Partito democratico, staccarsi dalla tradziione socialista».

E di D’ Alema che ricordo e opinione ha?
«Ha da venì Baffone dicevano i vecchi comunisti, e invece guarda un po’ è venuto Baffino…( Scherzò Craxi con ironia tranchant su D’Alema divenuto presidente del Consiglio nell’ottobre ‘98 ndr) . Io e D’Alema siamo accumanti da una sola cosa: siamo figli del partito della partitocrazia. Quando è diventato presidente della Bicamerale,  gli ho mandato un biglietto consigliandogli di non tenere insieme le due cariche di leader di partito e di presidente della Bicamerale. Gli ho scritto che il partito ne avrebbe risentito. In politica queste non sono mai buone scommesse. Quel biglietto glielo ho fatto avere da miei emissari, lui non mi ha mai risposto».

Lei è stato il primo a porre il tema della Grande Riforma, ovvero il rinnovamento delle istituzioni, lo snellimento dei lavori  parlamentari, l’elezione diretta del capo dello Stato. Perché poi lei sembrò abbandonare quella strada?  Prevalse il compromesso politico con la Dc o cos’altro?
«Ma non ti ricordi che per avere sostenuto per primo l’elezione diretta del Presidente della Repubblica mi raffiguravano nelle vignette nei panni di un gerarca fascista  con il fetz e gli stivaloni?».

Ma intanto per Romano Prodi  presidente del Consiglio, ad essere controproducente era proprio la Bicamerale che bollò come «Bicamerale del nulla», per spezzare la possibilità di dialogo tra Pds e Berlusconi, che venne bollato come «l’inciucio». Il Partito democratico era  lontano, e già impazzava il conflitto tra prima e seconda gamba dell’Ulivo, cioè tra post comunisti e post dc. Il governo D’Alema (Ottobre ’98) era alle porte, ma Craxi guardava lontano e pronosticò per gli anni a venire: «Prodi è un furbacchione di tre cotte, vedrai alla fine li metterà tutti nel sacco». Al governo, dopo la vittoria dell’Ulivo nel ’96, gli ex comunisti ritornarono con lui 10 anni dopo nel 2006. Ma solo per una breve stagione.

Hammamet, l'ultima intervista (prima parte)

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