ufficio-lavoro
iStock/Yapanda
News

Agenzia delle dogane: storia di un concorso controverso

Più che un concorso sembra un romanzo, il cui titolo sarebbe oltretutto alquanto suggestivo: “Romanzo doganale”.

La storia è quella della selezione bandita nel 2013 e svoltasi nel 2014 per nominare 69 dirigenti in una delle tre agenzie fiscali italiane, l’Agenzia delle dogane, appunto.
Le prime irregolarità vennero fuori nel 2015, quando il Tar del Lazio accolse il ricorso di alcuni concorrenti bocciati, in quanto ben 525 compiti su 727 non erano stati esaminati in modo collegiale dai tre membri della commissione, come prevede la legge, bensì da uno solo di loro.

I ricorrenti, per la verità, contestavano anche la scelta delle tracce d’esame, sostenendo che contenevano particolarità tali da far sospettare di esser state scelte per favorire alcuni e lasciare al palo gli altri. Ma su quel punto il Tribunale amministrativo regionale diede loro torto, limitandosi a imporre una nuova correzione collegiale dei compiti sottoposti a suo tempo al valutatore solitario.

"Il Tribunale spiegò che più in là di questo non si poteva andare" racconta a Panorama.it il difensore dei ricorrenti, l’avvocato amministrativista, Carmine Medici "perché la presunta volontà della commissione di favorire alcuni candidati a scapito di altri doveva essere sostenuta con indizi precisi e consistenti".

Proprio quegli elementi furono forniti nella svolta fondamentale del "romanzo doganale", la mattina del 21 settembre del 2016, quando i carabinieri del Nucleo investigativo si presentarono negli uffici dell’Agenzia per la perquisizione richiesta dalla Procura di Roma.
Venne fuori allora, fra l’altro, che le risposte giuste della prova di concorso erano state incollate all’interno delle copie della Gazzetta ufficiale utilizzate da diversi candidati (la versione digitale dei testi appositamente composti pochi giorni prima del concorso fu trovata in alcuni computer). E non si parla solo delle tracce effettivamente assegnate, ma anche di quelle non estratte a sorte, segno di un’organizzazione che non lasciava niente al caso.

A mettere sulla buona strada gli inquirenti era stata la denuncia di Lucio Pascale, un funzionario dell’Agenzia anch’egli partecipante al concorso, che dichiarò di aver fatto lui stesso, insieme a un collega, il lavoro di taglia e incolla delle risposte. Aveva deciso di raccontare tutto perché la commissione lo aveva escluso per altri comportamenti scorretti segnalati dai vigilanti della Guardia di Finanza durante la prova d’esame. 

Se non fosse stato per questo “incidente diplomatico” ben difficilmente la storia sarebbe saltata fuori e il clamoroso illecito (sebbene ancora solo presunto) sarebbe rimasto del tutto sconosciuto.

Da quel giorno la Procura di Roma è andata avanti con le indagini, chiuse nel novembre del 2017. Non ci sono ancora richieste di rinvio a giudizio, ma la relazione dei carabinieri attribuisce molto peso ai riscontri effettuati, sulla base dei quali i tre membri della commissione sono stati iscritti nel registro degli indagati. Si vedrà che cosa ne verrà fuori sul piano penale, ma è su quello amministrativo che si registrano gli aspetti paradossali della vicenda.

L’emergere di fatti tanto gravi ha spinto i ricorrenti del 2015 a chiedere nuovamente, stavolta al Consiglio di Stato, l’annullamento completo del concorso. In teoria dovrebbero avere discrete possibilità di spuntarla, ma prima di decidere i giudici vogliono giustamente sapere quale sia la situazione sul campo, ossia all’Agenzia delle dogane. E quindi pongono al direttore Giovanni Kessler una domanda che può sembrare surreale ma fa capire bene certe prassi della nostra pubblica amministrazione (specie quella fiscale, dove la malapianta delle nomine irregolari di dirigenti cresce da anni e nel 2015 ha provocato la piaga, non ancora sanata, degli oltre mille dirigenti bocciati dalla Corte costituzionale): i tre membri della commissione che ha combinato tutti questi pasticci sono ancora in carica?

L’altro elemento che la scia perplessi è che la stessa ordinanza concede al suddetto direttore ben tre mesi di tempo per rispondere a quel semplice quesito, da cui dipende fra l’altro la sorte di un concorso tenutosi ormai quattro anni fa per nominare 69 dirigenti che si presume siano piuttosto importanti per il suo funzionamento, anche considerando che un successivo concorso per altri 49 dirigenti è stato annullato (quindi a mancare all’appello sono 118 posizioni, coperte nel frattempo con incarichi assegnati in modo più o meno discrezionale).

Ma nel linguaggio criptico della nostra burocrazia anche questo ha una possibile spiegazione. Poiché non sembra proprio che finora la commissione sia stata sciolta e i tre suoi componenti dichiarati decaduti, c’è chi ipotizza che attraverso tale sua sibillina domanda (e il lungo termine concesso per la risposta) il Consiglio di Stato voglia proprio suggerire all’Agenzia delle dogane quel passo che non si è ancora decisa a compiere.

YOU MAY ALSO LIKE