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Afghanistan, scuole e ospedali i regali dell'Italia

L'Afghanistan non è solo guerra e lotta al terrorismo. L'Italia in Afghanistan ha rappresentato anche un aiuto concreto alla popolazione civile che gode ora di strutture che fino a pochi anni fa erano solo un sogno. Il 25 marzo, dopo nove anni, si è conclusa l'attività del Prt di Herat, la struttura di ricostruzione che ha operato in tutta la provincia di competenza della città dove ha sempre avuto base il contingente italiano.

Sono stati ben 1.288 i progetti realizzati in nove anni nell'istruzione, sanità, agricoltura, raggiungendo anche sperduti villaggi per i quali un semplice pozzo dell'acqua ha rappresentato un cambiamento radicale di vita. L'investimento del ministero della Difesa è stato di circa 46,5 milioni di euro.

Scuole. Oggi nella provincia di Herat sono funzionanti 933 scuole, delle quali 105 costruite o ristrutturate dal Prt. L'aumento di scolarità è stato del 40 per cento: nel 2005 solo il 20 per cento delle bambine andava a scuola e oggi è il 45 per cento, mentre nel complesso gli alunni sono passati da circa 300 mila a 790 mila. Nel 2014 le donne laureate nella provincia sono il 50 per cento e quelle laureate il 38.

Acqua e infrastrutture. Il bene primario raggiunge oggi una popolazione molto più vasta. Grazie agli italiani, sono stati costruiti 60 chilometri di rete idrica e 16 chilometri per acque reflue, circa 800 pozzi. Inoltre, 130 chilometri di strade, 17 edifici pubblici e governativi, 34 infrastrutture militari, due centri di aggregazione per sole donne e uno di arti visive, un carcere femminile e uno per minori, il terminal passeggeri dell'aeroporto di Herat.
Ospedali. La provincia di Herat ha una popolazione di 3 milioni di abitanti. In nove anni sono stati realizzati 44 poliambulatori, un ospedale pediatrico e uno per tossicodipendenti, un  centro di medicina legale. Se nel 2005 solo il 35 per cento della popolazione aveva accesso alle cure sanitarie, ora la percentuale tocca il 75 per cento.

Agricoltura e nuove professionalità. La facoltà di agricoltura dell'università è stata resa autonoma dal Prt che ha costruito e donato un vivaio, due serre, stalle per animali e un'area per la coltivazione dello zafferano, nella speranza che contribuisca a distogliere l'attività economica dalla produzione di oppio. Inoltre, è nato il Vocational training center, che ogni anni forma 4 mila nuove professionalità, compresi disabili e reduci di guerra, e anche una fondazione per disabili.

L'Italia, insomma, «ha sempre sostenuto il processo di ricostruzione dell'Afghanistan incentivando lo sviluppo economico, l'occupazione e infondendo fiducia verso le istituzioni» ha detto il generale Marco Bertolini, comandante del Coi, il comando operativo di vertice interforze, alla cerimonia di chiusura del Prt. E «non dimenticheremo mai quanto è stato fatto» è stata la replica di Sayed Fazullah Wahidi, governatore della provincia di Herat. Proiettato al futuro il commento dell'ambasciatore italiano in Afghanistan, Luciano Pezzotti, per il quale il lavoro di questi anni era finalizzato a consentire alle autorità locali di «sviluppare in maniera autonoma tutte le attività di ricostruzione e sviluppo per il miglioramento del tessuto economico-sociale». La grande scommessa dal 2015 in poi, quando la missione Isaf terminerà e non si sa ancora come la comunità internazionale vorrà continuare ad aiutare l'Afghanistan.

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